Nove ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite nella notte tra lunedì 14 e martedì 15 gennaio dai Carabinieri del Comando provinciale di Napoli. Il gip Pilla le ha emesse su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli.
Le nove persone raggiunte dal provvedimento dovranno sono accusate di omicidio e tentato omicidio aggravati da metodo e finalità mafiose: è quanto emerge dalle 176 pagine firmate dal gip.
Nove arresti che maturano tra le fila di due clan rivali, i Mazzarella e i Rinaldi, – nello specifico 3 affiliati al clan Mazzarella e 6 a quello dei Rinaldi – impegnati da tempo immemore in una sfiancante faida per il controllo del quartiere San Giovanni a Teduccio e della zona delle “Case Nuove”, tra i quali spicca il nome di Luigi Esposito, detto ‘lo Sciamarro’.
Le indagini dei Carabinieri di Castello di Cisterna hanno consentito di ricostruire la dinamica e il movente dell’omicidio di Vincenzo De Bernardo, maturato l’11 novembre 2015 e del tentato omicidio di Antonio Amato, avvenuto il 07 settembre 2017.
Nell’ambito della medesima operazione i militari hanno recuperato: 882 grammi di cocaina, 710 di hashish, 10 di marijuana, 5 pistole, di cui un revolver privo di matricola, una Belardelli calibro 9 provento di rapina, una Brownin calibro 7,65 rubata e altre due, una con matricola abrasa ed una senza matricola. In particolare, la mp5 è una mitraglietta in uso ai reparti speciali. Scoperto infine un munizionamento di vario calibro.
Tra le persone raggiunte dal provvedimento, spiccano due nomi, in particolari: il boss del Rione Villa Ciro Rinaldi detto ‘Mauè’ e Michele Minichini, uomo-simbolo della “camorra emergente” di Napoli est, in quanto figliastro di Anna De Luca Bossa e figlio naturale del boss ergastolano, detenuto in regime di 41 bis, Ciro Minichini e di Cira Cipollaro, oltre a Luisa De Stefano e Vincenza Maione, le ‘pazzignane’ del Rione De Gasperi di Ponticelli, già accusati dell’omicidio del boss Raffaele Cepparulo e dell’innocente Ciro Colonna. Il gruppo dei ‘pazzignani’, inoltre, l’estate scorsa è stato raggiunto da un’altra misura cautelare per duplice tentato omicidio in concorso proprio con Luigi Esposito ‘o sciamarro, capo dell’omonimo gruppo criminale attivo a Marigliano e consuocero di Luisa De Stefano. Il nome dello “sciamarro” figura anche tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare per la morte di Vincenzo De Bernardo.
Secondo l’accusa, la morte di De Bernardo fu ordinata sia da Esposito che da Rinaldi per ragioni diverse: Vincenzo De Bernardo, soprannominato ‘o pisello, finì nel mirino di Esposito perché, una volta rientrato sul territorio dopo una lunga detenzione, si era posto al fianco di Cristiano Piezzo, con il quale Esposito era in guerra per il controllo del territorio di Marigliano. I Rinaldi, invece, volevano mettere la firma sull’omicidio di De Bernardo per compiacere i Sibillo di Forcella, attuando una vera e propria vendetta trasversale. Vincenzo De Bernardo, infatti, aveva dato rifugio a Somma Vesuviana al nipote Roberto De Bernardo detto “o pisiello”, tra gli esecutori dell’omicidio di Emanuele Sibillo, il leader della cosiddetta “paranza dei bambini” di Forcella, voluta dal clan Buonerba. Proprio in seguito all’omicidio del baby boss, Roberto De Bernardo si rifugiò a casa dello zio a Somma Vesuviana.
I due boss, tra i quali intercorrevano diversi e solidi legami, avrebbero quindi deciso di unire le forze contro il comune nemico. In particolare, il boss Rinaldi, attualmente latitante ed indicato dalla procura come uno dei ricercati più pericolosi ed influenti, avrebbe indicato come esecutore materiale il suo uomo migliore, nonchè uno dei killer più quotati della scena camorristica napoletana: Michele Minichini, indicato come esecutore materiale dell’agguato.
La “pazzignana” Luisa De Stefano, è accusata come mandante e come persona che avrebbe contribuito a segnalare ai sicari la presenza della vittima, al pari dell’altra “Pazzignana” raggiunta dal medesimo provvedimento: sua nipote Vincenza Maione, moglie di Roberto Schisa e Madre di Tommaso, altri due nomi di spessore della scena camorristica ponticellese e mariglianese, accusata anche partecipato all’occultamento delle pistole usate per l’agguato.
De Bernardo fu sorpreso dai killer mentre si trovava in auto con il cognato Salvatore Grimaldi, mentre attendevano le rispettive mogli, intente a fare la spesa in un vicino supermercato.
Anche il 33enne Stefano Gallo, residente a Scisciano e uomo di fiducia dello “sciamarro” è iscritto nel registro degli indagati, reo di aver occultato le armi utilizzate per il delitto, le quali vennero trovate e sequestrate dalle forze dell’ordine nei giorni successivi all’omicidio. Indagato anche Mauro Marino, l’uomo che in seguito all’arresto maturato nel luglio del 2018 è passato dalla parte dello Stato diventando collaboratore di giustizia. Le dichiarazioni rese da Marino, unitamente a quelle fornite da altri 4 collaboratori di giustizia, hanno concorso a far luce sulle dinamiche camorristiche che negli ultimi anni si sono delineate e continuano ad evidenziarsi tra la periferia orientale di Napoli e i comuni dell’entroterra vesuviano.
In sostanza, Luigi Esposito detto “0′ sciamarro”, pur di raggiungere il suo obiettivo, avrebbe allestito un gruppo di fuoco di indiscutibile spessore e dall’elevato profilo criminale, riuscendo a coinvolgere uno dei killer più efferati di Ponticelli: Michele Minichini.
Due anni dopo l’omicidio di Vincenzo De Bernardo, nel Parco Fiordaliso di Somma Vesuviana viene messa a segno un’altra azione criminale che si traduce in un agguato fallito. Quel mancato omicidio altro non era che la risposta al delitto De Bernardo. Nel mirino dei sicari finì Antonio Amato, indicato come presunto “specchiettista” dell’omicidio di quest’ultimo. Del tentato omicidio di Antonio Amato sono accusate tre persone, tra le quali: Roberto De Bernardo, residente a Casalnuovo di Napoli, nipote della vittima, il 28enne Daniele Baselice ed Enrico Mirra, di 22 anni. Amato fu intercettato mentre parcheggiava l’auto, a bordo della quale trasportava anche il figlio di 3 anni. Vedendosi raggiungere dai primi colpi d’arma da fuoco, riuscì a sottrarsi alla morte trovando riparo dietro alcune vetture in sosta, riportando solo una ferita alla gamba.
«Ci è andata bene, potevamo piangerci il morto», commentò a caldo la compagna di Amato in una delle intercettazioni agli atti dell’inchiesta. Qualche giorno dopo Amato raccontò che la persona che “gli aveva fatto il fatto, gli aveva chiesto scusa”.
Un contributo prezioso alle indagini, anche in questo caso, è stato fornito dalle intercettazioni ambientali e telefoniche. I camorristi, quindi, diventano confessori inconsapevoli ed involontari dei loro stessi crimini.
Questi i nomi delle persone raggiunte dal provvedimento: Luigi Esposito, Mauro Marino, Stefano Gallo, Antonio Improta, Vincenza Maione, Pasquale Parrella, Michele Minichini, Daniele Napolitano, Antonio De Filippis e Luisa De Stefano.