Secondo quanto riportato dal quotidiano “Il Mattino”, il pool anticamorra della Procura di Napoli ha aperto un’indagine per dare il via ad approfondimenti di natura investigativa, ma anche amministrativa, al fine di accertare se i due hanno violato le limitazioni imposte dal programma di protezione, servendosi dei social per diramare messaggi piuttosto espliciti ad amici e parenti, ma soprattutto ai “fedelissimi” del clan che i fratelli Sarno avevano fondato a Ponticelli e che per oltre un ventennio ha dominato la scena camorristica dell’intera periferia orientale di Napoli e dell’entroterra vesuviano.
Una diretta che risale ai primi giorni dello scorso gennaio e che risuonò come un fulmine a ciel sereno tra le strade del quartiere dove i fratelli Sarno hanno fondato il loro impero. Per diverse settimane, il contenuto di quelle dirette, partite dal profilo di Patrizia Ippolito e poi cancellate, è stato oggetto di chiacchiere da bar e di animati dibattiti sui social.
Se quei video non fossero giunti alla nostra redazione, il contenuto di quella “performance”, ei due collaboratori di giustizia sotto protezione, sarebbe rimasta una “chiacchiera di quartiere” e probabilmente gli inquirenti disporrebbero di pochi elementi – se non addirittura di nessuna prova concreta – per avviare un’indagine di questo tipo.
Nel corso di quella diretta su facebook, l’ex numero uno della cosca di Ponticelli e la donna che subentrò al vertice del clan non appena i fratelli Sarno iniziarono a passare dalla parte dello Stato, non solo hanno assunto una condotta poco confacente al loro status di collaboratori di giustizia, ma hanno inviato dei messaggi piuttosto espliciti: “Ciao, vi ricordate di noi!? Siamo sempre noi! Guardateci, non siamo mai falliti, eh!?” Ciao per tutti quelli che ci vogliono bene…chi non ci vuole bene…” e termina la frase facendo il segno della croce con la mano, simbolo di morte.
E ancora: “Mo’ chiamano le guardie, – consapevole dell’incompatibilità di quell’apparizione virtuale con lo status di collaboratore di giustizia sotto protezione – dicono: guardate, andate a vedere.. a Patan, o’ Pepp’”
“A Patan e o Pepp’ sempre insieme, sempre…” aggiunge la Ippolito, mentre entrambi sollevano il pollice verso l’alto.
“Ci stanno dicendo qualche parola?” chiede alla cognata e lei replica: “No, un’amica ha scritto sai come rosicano tutti che stiamo in diretta io e te?” E Peppe Sarno aggiunge: “Per la faccia di tutti quelli che ci vogliono male, dovete schiattare, schiattare, schiattare.”
E, ancora, esclama: “Noi fratelli Sarno ci amiamo”, “noi fratelli Sarno ci amiamo”, lo ripete battendo la mano sul petto. E poi aggiunge: “Chi non vuole bene ai fratelli Sarno…” l’ex numero uno della cosca di Ponticelli termina la frase portando il pollice verso il basso, proprio come facevano gli antichi imperatori romani quando volevano decretare la morte di un “gladiatore”.
Alla stragrande maggioranza degli abitanti di Ponticelli non è andata giù l’ostentazione del lusso, oltre che della libertà di cui godono, nonostante i crimini commessi: dalle buste dello shopping e la borsa griffata della Ippolito, alla leggerezza con la quale si mostrano intenti a fare la bella vita, seduti al bar a sorseggiare un caffè. Non ci sono parole di scuse o di cordoglio per le tante vite estranee alla camorra finite nella morsa della loro furia omicida, ma solo tanti sorrisi, sfoggiati con estrema disinvoltura. Moltissimi i commenti ricchi di disprezzo ed indignazione per quello che viene concesso ai vertici del clan nato nel Rione De Gasperi.
Tra la gente onesta regna soprattutto la paura, oltre che l’incredulità per quello che hanno visto e sentito.
Gesti e parole dalle quali non trapela nessuna forma di redenzione o pentimento, ma che, invece, sembrano sghignazzare in faccia a tutti “la marachella” compiuta: “Siamo riusciti a farla franca, evitando la galera e siamo pronti a tornare”, sembrano volerci dire i Sarno.
Questo, quantomeno, è ciò che hanno letto in quella “performance” molte persone che i Sarno li hanno conosciuti bene. In particolare, nel senso di esaltazione che Peppe Sarno manifesta nell’alzarsi in piedi per sottolineare “l’unione della famiglia”, chi mastica il linguaggio della camorra, carpisce tutto il livore del boss affamato che freme per tornare a riprendersi quello che un tempo era suo.
L’opinione pubblica, nel corso di questi mesi, più volte si è chiesta e ha chiesto platealmente dove fosse lo Stato e perchè si lasciasse schernire da due camorristi che non mostravano alcun segno di redenzione per i crimini commessi, tra cui decine e decine di omicidi.
Lo Stato ha replicato avviando un’inchiesta per far luce su quanto emerso, grazie alla pubblicazione di quel video.