Un risveglio amaro per la città di Napoli, uno dei più difficili di sempre, per effetto di un omicidio che ha stroncato la vita e i sogni di un calciatore di 21 anni, figlio di un camorrista che aveva avuto la forza, la voglia e il coraggio di rinnegare la malavita per costruirsi un futuro diverso, inseguendo il suo sogni, prendendo a caci un pallone lungo il rettangolo verde.
Una coltellata dritta al petto, inferta per sedare definitivamente la lite insorta per futili motivi qualche giorno prima, ha ucciso Raffaele Perinelli, 21 anni, figlio di Giuseppe, ex esponente del clan Lo Russo ucciso in un agguato nel 1999.
Raffaele era incensurato e faceva il calciatore, aveva giocato nella serie D della Campania con le maglie della Turris e del Gargano. Attualmente era svincolato e stava cercando una nuova squadra.
Si è costituito la scorsa notte ai carabinieri di Casoria A.G., 31 anni, venditore ambulante incensurato: ha confessato di aver ferito con una coltellata, al culmine di una lite, il 21enne Raffaele Perinelli, morto all’ospedale Cardarelli di Napoli, poco dopo essere stato portato da uno sconosciuto al pronto soccorso. Assistito dall’avvocato Rocco Maria Spina, l’omicida ha spiegato di aver incontrato casualmente Raffaele, durante la serata di sabato 6 ottobre, con la quale aveva già avuto un diverbio giorni prima. La lite è ripresa e il 31enne, che aveva con sè un coltello, ha colpito Perinelli fuggendo subito dopo.
Il reoconfesso ha spiegato quanto accaduto pochi giorni prima quando, al culmine di una rissa, lui e Raffaele erano venuti alle mani. Entrambi abitavano a Miano, quindi si conoscevano, A.G. ha spiegato che negli ultimi giorni era sempre munito di coltello. Ieri notte, quando ha incontrato Raffaele, non ha avuto dubbi sul da farsi :«Avevo paura di incontrarlo e quando è nata la colluttazione ho deciso di impugnare l’arma. Così è nata la lite al termine del quale l’ho colpito al petto. Ora ho distrutto la vita di quel ragazzo ma anche la mia».