La sera del 19 settembre 2017, un blitz della polizia di Ponticelli e del reparto Prevenzione Crimine della Campania, eseguito con il supporto delle unità cinofile, portò all’arresto di due figure-simbolo di una delle piazze di droga più prolifere dell’intera periferia orientale di Napoli: quella allestita nell’isolato 2 del Rione De Gasperi, un tempo il rione-bunker del clan Sarno, oggi un agglomerato di palazzoni fatiscenti in cui sono distribuiti diversi gruppi malavitosi, principalmente dediti proprio allo spaccio di stupefacenti.
Un palazzo interamente adibito a supermercato della droga con un’organizzazione ben precisa e diversi pusher che dividevano il lavoro in turni: chi copriva “il turno di notte” dormiva durante il giorno e viceversa. Sia di giorno che di notte, gli acquirenti non dovevano fare altro che salire al secondo piano dell’isolato 2, dove a segnalargli la presenza della piazza di droga c’era una statua di Padre Pio sul pianerottolo: era lì che abitava Umberto Sermone, già detenuto ai domiciliari per lo stesso reato e proprio il suo appartamento fungeva da luogo di ritrovo per tanti tossicodipendenti di Napoli e provincia. Così come raccontato da sua cognata, Sermone era “costretto” a spacciare dalla dipendenza da droghe che lui per primo aveva sviluppato per guadagnare denaro che a sua volta spendeva per comprare stupefacenti. Padre di una 18enne – condotta in commissariato dalla polizia in una circostanza, nel corso di uno dei tanti blitz dell’estate scorsa, rea di aver segnalato l’arrivo delle forze dell’ordine nel rione proprio a suo padre e ai suoi “colleghi”, in modo da eluderne i controlli – e di un bambino di pochi anni, abituato a giocare mentre suo padre spacciava e non di rado costretto a restare sveglio fino a tarda ora, per il caos e gli schiamazzi dei tossicodipendenti. In più di una circostanza, anche in presenza del minore, si sono perpetrati violenti pestaggi per “sedare” i tossici troppo chiassosi che, nonostante non disponessero del denaro necessario per approvvigionarsi la dose, in preda a forti crisi d’astinenza, pretendevano di beneficiarne sotto forma di “atto di fiducia” che avrebbero poi provveduto ad estinguere. Numerosi i clienti che giungevano nel supermarket della droga con merce rubata che consegnavano direttamente al “capo” della piazza in cambio della dose. Cassette di acqua e bibite varie, gioielli, perfino una cabina telefonica: questi gli oggetti ricettati dal capo-piazza pur di alimentare il business che frutta migliaia di euro al giorno.
Nel corso del blitz avvenuto un anno fa, in casa di Sermone vennero trovati ingenti quantitativi di stupefacente e del denaro, frutto dell’attività di spaccio, ragion per cui fu arrestato e dopo un breve periodo di reclusione è stato nuovamente sottoposto agli arresti domiciliari che sta scontando in un’abitazione a San Sebastiano al Vesuvio.
Le tecniche elaborate per eludere i controlli della polizia, nel corso dei mesi in cui la piazza registrava migliaia di acquirenti al giorno, sono state molteplici: dalle dosi già divise nascoste sotto le mattonelle delle scale dei palazzi, rotte di proposito per creare un fortino insospettabile, alle dosi occultate nei fili della corrente elettrica, quindi arrotolate all’interno dei fili e prelevate all’occorrenza, quando c’era un cliente da servire. Lo stesso accadeva con i carichi ingenti di droga destinati ad essere suddivisi in dosi: nascosti in botole e tombini o in nascondigli ricavati sul terrazzo, mentre la cocaina veniva nascosta all’interno di bottiglie di profumo marca “Acquolina” fragranza zucchero a velo, nell’appartamento di Anna Calamita detta Rosaria, arrestata insieme ad Umberto Sermone il 19 settembre 2017. Un escamotage, quello di nascondere la droga in bottiglie dagli odori forti, architettato negli anni ’80 dagli spacciatori dei “Bipiani”, le favelas di Ponticelli, allorquando compresero che nascondendo gli stupefacenti nelle bottiglie di creolina eludevano i controlli dei cani antidroga che lacrimavano quando le annusavano. Inoltre, collocando le bottiglie in cui gli stupefacenti erano occultati sopra mobili e scaffali, si rendeva ancor più difficile l’azione dei cani antidroga.
Anna Calamita abita in un appartamento al primo piano dell’isolato 2, accanto alla cognata di Umberto Sermone. Cugina della moglie della persona ritenuta a capo della piazza di spaccio dell’Isolato 2, Anna Calamita “prestò” il suo appartamento per adibirlo a “garage della cocaina” per necessità economiche: seppure lavorasse nell’impresa di pulizia del centro Commerciale “Le ginestre” di Volla e suo marito sia un quotato pizzaiolo, la necessità di pagare il mutuo di 700 euro della casa di sua figlia, rimasta incinta, le impone di ricercare una fonte di guadagno “extra”. Di giorno, era proprio sua cugina ad entrare in casa della Calamita per prelevare le dosi, quando richiesto dai clienti, mentre nella “casa-bunker” del “signore della droga dell’Isolato 2”, “blindata” da un sistema di videosorveglianza più di una volta disattivato dalle forze dell’ordine, avevano e tutt’oggi hanno libero accesso solo i clienti più fidati e facoltosi. Anche Anna Calamita fu condotta in carcere, per poi finire agli arresti domiciliari che sta scontando presso l’abitazione del fratello, in un appartamento del “nuovo” Rione De Gasperi.
Dopo il blitz che ha tradotto in carcere Umberto Sermone e Anna Calamita, l‘attività di spaccio dell’isolato 2 è andata incontro ad una radicale rivoluzione. Il capo della piazza, consapevole di essere nell’occhio del ciclone, ha saputo, fin qui, puntualmente eludere i controlli delle forze dell’ordine, non creando mai le premesse per “farsi incastrare”. Lucido, calcolatore, abile, cervellotico, nel corso di un blitz, si rivolse alla polizia dicendo: “ho scelto di fare “a vita e miez’ a via” e se mi arrestate, mi faccio altri 10 anni e quando esco faccio un’altra volta la stessa cosa, perchè questa è la vita di chi fa questa scelta.”
In effetti, proprio mentre era in carcere, quella piazza di droga ha visto lievitare le sue quotazioni in borsa, in virtù dell’esenzione del pedaggio del pizzo applicato dalla camorra in caso di carcerazione del capo famiglia. Troppo rischioso, dunque, continuare a spacciare in casa dopo il blitz che ha privato l’organizzazione di due pedine fondamentali, quindi, il business è stato impostato sul modello “consegna a domicilio” con messaggi in codice inviati sui telefoni cellulari “usa e getta” dei pusher che provvedono a consegnare l’ordine in un luogo preciso. Generalmente la consegna avviene tra via De Meis e il Corso Ponticelli, nei pressi della stazione della circumvesuviana o di una rinomata gelateria.
Un altro evento che ha segnato fortemente le sorti di quella piazza di droga, sottolineando la capacità della malavita di individuare sempre la strada più scaltra per raggirare gli ostacoli, è da individuare nell’alleanza con le famiglie a capo del medesimo business nell’isolato 3. Un’alleanza clamorosa tra due competitor, oltre che tra famiglie storicamente ostili e che pur di preservare il buon esito degli affari, si stringono la mano e iniziano a parlare di affari. Un’alleanza confermata dallo spostamento di alcuni pusher dalla piazza dell’isolato 2 a quella della 3 e dai colloqui quotidiani tra la donna che gestisce la piazza di droga dell’isolato 3 e il “capo” della piazza dell’isolato 2, presso l’abitazione di quest’ultimo, avvenuti soprattutto durante lo scorso inverno, dopo che 23 persone ritenute contigue al clan De Micco sono state arrestate. Un duro colpo per la cosca che controllava tutti gli affari illeciti del quartiere, compresa quelle piazze di droga del rione De Gasperi che pagavano regolarmente il pizzo ai “Bodo” recandosi nel “famoso” quartier generale nei pressi del garage gestito dalla famiglia che ha fondato il clan che in breve tempo ha saputo imporre il suo potere colmando il vuoto generatosi nell’era post Sarno.
Tutt’oggi, il capo della piazza di spaccio dell’isolato 2 e i suoi “garzoni” continuano indisturbati a distribuire dosi tramite il modello “consegna su ordinazione”, generando un andirivieni incessante e quotidiano. A riprova dell’astuzia sviluppata dall’uomo, disposto a tutto pur di continuare a guadagnare migliaia di euro al giorno senza finire dietro le sbarre, vi è il continuo utilizzo di auto diverse, rigorosamente noleggiate, mentre i suoi ragazzi si servono di scooter.
Attualmente, il “capo piazza on the road” svolge il suo “lavoro” a bordo di una Smart, ultimo modello, super accessoriata, della quale si serve anche per rifornirsi degli stupefacenti da smistare in dosi. Molto probabilmente, l’approvvigionamento avviene nel Rione Conocal, l’ex arsenale della droga del clan D’Amico, sgominato nel giugno del 2016 nel corso di un blitz che portò all’arresto di 94 persone e alla chiusura di 14 piazze di droga.
Prima del blitz dello scorso anno, ad onor del vero, uno dei “signori della droga” del Rione Conocal si recava a casa del capo della piazza dell’isolato 2 pressoché quotidianamente. Risulta chiaro che dopo l’operazione maturata un anno fa, nel giorno della festa di San Gennaro, l’attività di spaccio praticata nell’isolato 2 è stata costretta ad andare incontro ad una radicale rivoluzione che a fronte di un primo periodo di difficoltà, ha premiato la mente che ne è a capo. Quell’uomo è riuscito a consolidare ed incrementare gli introiti, anche e soprattutto ampliando il suo raggio d’azione, offrendo “lavoro” a molti giovani del quartiere, alcuni dei quali sono stati arrestati e puntualmente rimpiazzati da nuove reclute nel giro di poche ore.
Riusciranno mai le forze dell’ordine a chiudere definitivamente una delle piazze di droga più prolifere dell’intera città di Napoli, a fronte degli oltre 5 anni di “onorata attività” fin qui conseguiti?
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