La festa, probabilmente, ha inizio nella sua forma attuale nel 1888 ad imitazione dei Gigli di Nola dell’anno prima. La piramide, alta 16,60 metri e larga 2,30, poggia la sua costruzione su quattro pali di cm. 30 e in posizione orizzontale su cinque pali di cm. 40.
Alla sommità del Carro viene posta la statua della Madonna della Neve.
La processione muove dalla parrocchia e percorre tutto il corso Ponticelli, dopo aver superato il corso Ferrovia (oggi Agostino Cozzolino), la piramide procede per via Napoli e poi per via San Rocco (oggi Luigi Crisconio). La percorrenza di viale Margherita e successivamente del corso Ferrovia concludono la processione.
Il peso del Carro richiede un elevato numero di “portatori”.
Almeno un centinaio si posizionano sotto i pali per trasportarlo e si fanno sostituire di tanto in tanto, durante le nove ore circa del percorso della processione, ricorrendo alla disponibilità di circa altre trecento persone.
Il lavoro più duro è svolto dai “portatori” centrali, quelli che prendono posto sotto i pali più interni, dove fa molto caldo e si respira a fatica. Essi restano “senza volto”, perché coperti dai “portatori” esterni. Tutti, qual che sia la posizione occupata, sono addossati l’uno all’altro e avanzano strisciando i piedi per terra come se fossero un solo corpo con tantissime gambe.
Nel passato il gruppo di “portatori” era costituito soprattutto da uomini di fatica (contadini e operai), abituati a lavori pesanti, che erano anche i ceti più numerosi e rappresentativi della popolazione di Ponticelli.
Ne facevano parte giovani e uomini maturi, ma non mancava neppure qualche anziano, come premio di una fedeltà e come contributo di una lunga esperienza.
Essendo cambiata la composizione sociale del quartiere, è cambiata anche quella dei «portatori», che appartengono oggi a tutti i ceti sociali. Negli ultimi anni, per la presenza di numerosi migranti in zona, hanno fatto parte del gruppo anche giovani africani e perfino alcune donne, posizionate, ben in vista, nella parte anteriore del Carro.
Fin dal 1888 il Carro non è stato mai trasportato da professionisti, da “portatori” retribuiti.
Coloro che lo fanno, quasi tutti di Ponticelli, lo fanno unicamente per devozione.
Per poter sollevare e abbassare il Carro con “alzate” e “posate” riuscite e non farlo inclinare nel trasporto, è necessario un grande affiatamento del gruppo dei “portatori”.
Due elementi risultano essenziali: una corretta disposizione sotto il Carro, in base alla robustezza fisica e all’altezza di ognuno; e un perfetto coordinamento tra essi e la “guida” (chi dà ’a voce), una delle figure-chiave della processione del Carro. È lui che “comanda”, è lui che dà l’ordine ai “portatori” dell’«alzata» e della «posata», dell’avanzamento e dell’arresto del Carro. Si tratta di un vero e proprio cerimoniale, che richiede perizia tecnica ed esperienza.
Nel caso della “posata”, se si sente un colpo secco e si osserva un leggero tremolio della struttura lignea, significa che i quattro assi portanti del Carro sono stati poggiati a terra nello stesso momento.
A ogni “alzata” e a ogni “posata”, specialmente quando risultano perfette, si eleva da parte dei partecipanti alla processione un caloroso e prolungato applauso, come apprezzamento e ringraziamento di tutta Ponticelli per la “guida” e i “portatori”.
La processione è una rappresentazione in cui tutti i partecipanti sono nello stesso tempo attori e spettatori.
La festa di Ponticelli è, sotto questo aspetto, simile a tante feste cattoliche del Mezzogiorno: dietro la «materializzazione», la «carnalità», la «fisicità» delle loro manifestazioni, c’è la sempre la fede, un’autentica fede cristiana.
Toccare il legno del Carro con le mani, mettersi sotto i pali per sollevarlo con un asciugamano sulle spalle, è un rito, come documentano tante fotografie, che si compie fin da bambini, e che procura una “felicità immensa”.
Più di una volta si è tentato di dare un’organizzazione ufficiale ai «portatori», che operasse in stretto contatto con il parroco e il comitato. I portatori, però, hanno mantenuto una certa autonomia, probabilmente perché, come sosteneva Giorgio Mancini nel 1992, «il fenomeno dei portatori mostra un carattere di unicità per la sua spontaneità e tale carattere andrebbe salvaguardato».
Il peso del Carro richiede un elevato numero di “portatori”.
Almeno un centinaio si posizionano sotto i pali per trasportarlo e si fanno sostituire di tanto in tanto, durante le nove ore circa del percorso della processione, ricorrendo alla disponibilità di circa altre trecento persone.
Il lavoro più duro è svolto dai “portatori” centrali, quelli che prendono posto sotto i pali più interni, dove fa molto caldo e si respira a fatica.
Essi restano “senza volto”, perché coperti dai “portatori” esterni.
Tutti, qual che sia la posizione occupata, sono addossati l’uno all’altro e avanzano strisciando i piedi per terra come se fossero un solo corpo con tantissime gambe.
La processione del Carro è una rappresentazione in cui tutti i partecipanti sono nello stesso tempo attori e spettatori.
La festa di Ponticelli è, sotto questo aspetto, simile a tante feste cattoliche del Mezzogiorno: dietro la “materializzazione”, la “carnalità”, la “fisicità” delle loro manifestazioni, c’è la sempre la fede, un’autentica fede cristiana.
Dal 2009 esiste un’associazione dei portatori, Omnia Vincit Amor, i cui componenti si incontrano ogni mese con il parroco per compiere insieme un cammino spirituale e di fede.