Dall’entroterra vesuviano a Napoli est: un’importante operazione condotta dai carabinieri di Castello di Cisterna, durante la mattinata di martedì 10 luglio, ha inferto un duro colpo all’organizzazione criminale dei “mariglianesi”, attiva sì nell’entroterra vesuviano, ma con importanti legami nell’area di Napoli Est.
I militari dell’arma hanno ricostruito le circostanze che negli anni 2015 e 2016 avevano causato una faida interna, con numerose “stese” e l’omicidio di un affiliato, dando quindi esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea a carico di 20 indagati ritenuti affiliati al clan camorristico dei “Mariglianesi”, presunta costola del clan Mazzarella attiva a Marigliano, comune dell’entroterra nolano.
L’indagine ha consentito di delineare le attività di un’associazione di tipo mafioso dedita al traffico di sostanze stupefacenti che con diverse piazze di spaccio nei complessi di edilizia popolare di Marigliano forniva ogni tipo di droga 24 ore su 24 tramite una fitta rete di spacciatori al dettaglio. Ricostruita anche la faida interna al clan causata dalla contrapposizione tra due fazioni che volevano imporsi nella gestione degli affari illeciti. Gli inquirenti sono riusciti ad evitare un omicidio, già pianificato, sequestrando un’auto rubata e due pistole che i killer avevano nascosto nell’androne di una delle palazzine popolari sotto una statua della Madonna. L’organizzazione rimpinguava le casse anche tramite altri canali: oltre a taglieggiare i locali imprenditori con l’imposizione del pizzo erano state organizzate ed eseguite rapine ad alcuni tra i principali esercizi commerciali della zona, soprattutto bar e tabaccherie. Nel corso delle rapine, oltre all’incasso di diverse migliaia di euro, alcune delle persone raggiunte dal provvedimento odierno, avevano sottratto stecche di sigarette e “gratta e vinci”.
Le donne partecipavano a pieno titolo alle attività dell’organizzazione, rivestendo un ruolo di spicco.
Tutti i reati contestati sono aggravati da metodo e finalità mafiosi.
Luigi Esposito detto “O’ Sciamarro”, 46 anni, residente a Marigliano; Salvatore Pasquale Esposito detto “O’ Sciamarreto”, 26 anni, residente a Marigliano; Mariagrazia Cavone, 36 anni, residente a Marigliano; Ciro Conte, 55 anni, residente a Napoli; Stefano Gallo, 32 anni, residente a Scisciano; Antonio De Filippis detto “Mano Mozza”, 46 anni, residente a Marigliano; Antonio Improta detto “Bibilone”, 35 anni, residente a Somma Vesuviana; Vincenza Maione detta “Enzina”, 43 anni, residente a Napoli; Mauro Marino detto “Maurizio”, 39 anni, residente a Marigliano; Michele Minichini, 28 anni, residente a Napoli; Daniele Morano, 21 anni, residente a Marigliano; Erson Nanaj nato il Albania, 35 anni, residente a Acerra; Daniele Napolitano, 25 anni, residente a Napoli; Pasquale Parrella, 34 anni, residente a Brusciano; Tommaso Schisa, 28 anni, residente a Marigliano; Valentino Sodano, 30 anni, residente a Marigliano; Nunzia Tedesco, 30 anni, residente ad Acerra; Gabriele Valentino, 25 anni, residente a Marigliano.
AI DOMICILIARI: Concetta Pianese, 34 anni, residente a Mariglianella; Teresa Ricciardi detta “Terry”, 41 anni, residente a Pomigliano d’Arco.
Questi i nomi delle persone tratte in arresto, tra i quali spiccano quelli di Vincenza Maione detta “Enzina”, figura di spicco del cosiddetto clan delle “Pazzignane” attivo nel Rione De Gasperi di Ponticelli, già accusata di aver preso parte all’omicidio Colonna-Cepparulo, e soprattutto Michele Minichini – attualmente detenuto perchè accusato di essere esecutore materiale dell’omicidio Cepparulo – e Tommaso Schisa, tornato in libertà da pochi mesi.
Ad aggravare la posizione di Michele Minichini dinanzi alla legge è l’accusa giunta quest’oggi: rapina aggravata dal metodo mafioso. Secondo quanto emerso dalle indagini dei militari dell’arma, inoltre, Minichini avrebbe dovuto uccidere due persone, nell’ambito di un agguato che però fu sventato dalle forze dell’ordine riuscite ad intervenire in tempo proprio grazie alle intercettazioni. Un piano omicida al quale, secondo gli inquirenti, avrebbero partecipato anche le “Pazzignane“, le lady-camorra che dopo il declino dei Sarno e il vortice di pentimenti ed arresti scaturiti dalle testimonianze rese dai collaboratori di giustizia, hanno curato gli interessi dell’organizzazione, in seguito alle pene detentive. Dalla gestione dell’attività di spaccio di stupefacenti nel rione-bunker di Ponticelli alla pianificazione di omicidi ed altri crimini, puntualmente aggravati dal metodo mafioso, come sottolineato nell’ordinanza odierna.
Vincenza Maione, moglie di Roberto Schisa e madre di Tommaso Schisa, scarcerato pochi mesi fa, dopo aver scontato una condannato per l’omicidio di Umberto Improta, un ragazzo di 27 anni, estraneo alle dinamiche camorristiche, raggiunto da un proiettile vagante il 27 novembre del 2007, mentre si trovava nei pressi di un bar a San Giorgio a Cremano durante una lite scoppiata tra un gruppo di ragazzi tra cui capeggiavano figli e nipoti delle figure di spicco del clan Sarno di Ponticelli.
11 gennaio 2016, 4 marzo 2016, 20 marzo 2016, 23 marzo 2016: queste le date in cui il giovane Schisa, in alcuni casi con la partecipazione di Michele Minichini, sarebbe entrato in azione in alcuni esercizi commerciali del nolano per compiere delle rapine.
Tommaso Schisa, nella fattispecie, è accusato di essere l’ideatore di una rapina messa a segno in un’agenzia di Marigliano, oltre che di essere l’esecutore materiale di una rapina avvenuta in una sala slot di Marigliano e di altre due rapine avvenute in una tabaccheria e in un bar di Marigliano. Schisa è accusato di aver rivolto anche reiterate minacce ad alcuni esercenti dell’entroterra nolano.