Tutto esaurito ieri sera alla Piazza d’Armi del Castello Aragonese per una delle serate più attese della XVI edizione dell’Ischia Film Festival. Merito di Carlo Verdone, che ha appassionato il pubblico con un incontro emozionante, in compagnia dello sceneggiatore Nicola Guaglianone e condotto da Gianni Canova, prima di ricevere il premio alla carriera dalle mani del fondatore del festival Michelangelo Messina e dare il via alla proiezione di Benedetta follia, terzo maggiore incasso di un film italiano di questa stagione. Tanti i temi affrontati nel corso dell’intervista, a partire da una costante del cinema di Verdone: le donne.
“Le donne per me sono state tutto, a partire dalle mie tate, quando ero bambino che sono state le prime persone che hanno iniziato a stimolare la mia creatività. Ne ricordo una in particolare, era di Santa Maria Capua Vetere, che mentre badava a me teneva sempre accesa la televisione, quelle vecchie in bianco e nero, e guardava le commedie di Eduardo De Filippo. Poi mia madre, che mi incoraggiò a fare il mio primo spettacolo teatrale. E infine le attrici, con cui ho sempre avuto un rapporto particolare, più che con gli attori. Le donne mi mettono in difficoltà ed è il personaggio che ho sempre raccontato, non a caso i miei film migliori sono quelli in cui vengo messo all’angolo dalle donne, da Io e mia sorella a Sono pazzo di Iris Blonde passando per molti altri. E poi, diciamolo, le donne sono più intelligenti degli uomini, ci tocca ammetterlo”.
Da attore, Verdone ha avuto un’evoluzione dettata dall’età. “Mi mancano i miei personaggi, ma c’è un tempo per tutto, altrimenti si diventa patetici, che significa sia non accettare l’età che essere insicuro. Ho preferito evolvermi, raccontare storie più complicate, mettermi in gioco. Grande, grosso e Verdone sapevo sarebbe stato il mio ultimo film con i personaggi, forse anche per questo ci misi tutto me stesso, lo fece anche Claudia Gerini e venne fuori un grandissimo film”.