I misteri del giardino di Compton House, Lo Zoo di Venere, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, L’ultima tempesta. E si potrebbe continuare a snocciolare i titoli dei grandi film diretti da Peter Greenaway a lungo. Un grande artista, cinematografico e non solo, che proprio all’arte ancora continua a dedicare la sua vita, anche negli affetti. Sua moglie, Saskia Boddeke, è infatti un’artista multimediale, e proprio con l’intento di spiegare alla loro figlia adolescente Pip quanto complesso, ma anche straordinario sia vivere al suo fianco, Saskia ha realizzato il documentario The Greenaway Alphabet, presto sugli schermi italiani distribuito da I Wonder Pictures. Un film che è un perfetto corollario per ricevere L’Ischia Film Award alla carriera, a coronamento di un lungo percorso che è tutt’altro che finito.
È stata la stessa regista a spiegare il senso del film che “è nato come un’eredità per nostra figlia. Lo avevo cominciato quando lei aveva 5 anni. Vedevo già un rapporto molto forte tra figlia e padre, e avevo pensato di filmarlo, ma poi il progetto è rimasto nel cassetto per dieci anni, perché non ho trovato una produzione. Dieci anni, quando Pip aveva già quindici, sono riuscita a coinvolgere la televisione pubblica olandese che ha sovvenzionato il film e quindi sono partita”. Un’opera evidentemente molto personale. “Non l’ho pensato per il pubblico, ma per mia figlia, che ha un padre già in età avanzata, per lasciarle un documento su di lui e sulla loro relazione, nostra figlia ha un carattere molto forte, come il padre, quindi mi sembrava importante. Chi spera di trovarvi qualcosa sul Greenaway artista resterà deluso, ma può scoprire il Peter uomo e padre”. L’alfabeto del film nasce da un gioco che facevano Peter e Pip quando lui la metteva a letto da sera. “Giocavano con questo alfabeto finché lei non si addormentava, era una sorta di ninna nanna. Peter ragiona per codici, era la maniera migliore per farlo entrare nel film”.
Un film che è un vero atto d’amore. “Peter non è la persona più semplice con cui dividere la vita, problematico, polemico, concentrato sull’arte, e nostra figlia è esattamente come lui, fare colazione non è mai noioso la mattina, perché non è noiosa la nostra vita, e di questo siamo molto felici”.
Impossibile d’altronde annoiarsi con un uomo come Greenaway, che ha ancora molte cose da dire. “Lavoro nel cinema da quarant’anni e ho girato più di 60 film, in ogni tipo di formato, e ho lavorato con centinaia di persone che mi hanno aiutato a farli, persone che continuo a ringraziare. Sono molto critico nei confronti dell’arte cinematografica, non sono mai stato convinto che fosse rivoluzionaria come si pensava all’inizio del 20° secolo, ma quando le cose vanno tutte per il verso giusto è una grande soddisfazione”. Soddisfazioni che non vuole smettere di togliersi. “È sempre difficile trovare finanziamenti per fare cinema, ma sono stato fortunato ultimamente. Sto lavorando a un film che mi ha occupato l’ultimo anno e mezzo e che tra tre settimane sarà pronto per il montaggio e finito per la primavera del 2019. È una co-produzione europea anche con finanziatori italiani. Spero di poter essere così fortunato anche dopo, per poter offrire al pubblico ancora un po’ del mondo di Peter Greenaway”.