Il 21 giugno 2015, i carabinieri di Torre Annunziata, arrestano a Barra il latitante Luigi Cuccaro, reggente dell’omonimo clan.
Nel giorno del suo onomastico, il boss è stato scovato a casa del cognato, a Palazzo Magliaro, nel quartiere Barra, la roccaforte del clan Aprea, in un nascondiglio ricavato tra le pareti dell’ingresso, a cui si accedeva rimuovendo un attaccapanni.
Ricercato da due anni, Luigi Cuccaro, 41enne all’epoca dell’arresto, era destinatario di tre ordinanze di arresto emesse su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia per omicidio, associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e al contrabbando. I militari, da tempo, tenevano sotto controllo la roccaforte del clan, dove si erano concentrate le ricerche del latitante.
Il boss latitante intendeva trascorrere il giorno del suo onomastico con i familiari e perciò ha compiuto un passo falso che ne ha permesso la cattura a casa del cognato.
Il blitz dei carabinieri è scattato a notte fonda. I militari, perquisendo la casa, si sono accorti che dietro a un attaccapanni nell’ingresso c’era un’intercapedine nella quale Cuccaro si era nascosto. Alle tre di notte uno dei carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Torre Annunziata ha bussato contro il ripiano di legno che chiudeva uno spazio non più grande di una nicchia. Suonava vuoto. Dietro, in piedi c’era il boss reggente del clan che da Barra si era esteso a Ponticelli, Cercola, San Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma.
Quando i militari hanno rimosso lo sportello, che con un meccanismo si apriva dall’interno e dall’esterno, il latitante si è reso conto che non aveva più scampo ed è venuto fuori con la carta d’identità in mano e rivolgendosi ai carabinieri ha detto: «Sono Luigi Cuccaro».
Luigi Cuccaro è accusato, insieme al fratello Michele, – che verrà arrestato nell’ottobre dello stesso anno – di vari reati, tra i quali l’omicidio di Ciro Veneruso, detto «o’ baffone», elemento di spicco del clan Aprea, ucciso il 26 luglio del 1996 a poca distanza da Palazzo Magliaro, la roccaforte dei Cuccaro. «O’ baffone» fu raggiunto da una crivellata di proiettili mentre si trovava in sella ad una moto di grossa cilindrata. Reggente del clan con il fratello Michele dal marzo 2014, ovvero da quando il fratello Angelo – nella lista dei cento più pericolosi latitanti – era finito in carcere. Luigi Cuccaro, secondo gli inquirenti, non si sarebbe mai allontanato dal quartiere e avrebbe trascorso la sua latitanza passando da un nascondiglio segreto all’altro. Infatti si sospetta che un meccanismo come quello scoperto dai carabinieri sarebbe stato creato anche in altre case della zona.
Alla festa di san Luigi dovevano partecipare la moglie e i quattro figli maschi di Cuccaro, di 15, 13, 11 e 2 anni. La famiglia dei boss di Barra è stata tradita ancora una volta dalla passione per le celebrazioni. Il fratello Angelo fu avvistato grazie a un video pubblicato dall'”Espresso” alla festa dei Gigli di Barra, mentre seguiva la processione in Rolls Royce. Invece della musica sacra, la colonna sonora del celebre film “Il Padrino”. La paranza fece un “inchino” in suo onore anche nell’edizione 2014.
I carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata sapevano che Luigi Cuccaro non poteva abbandonare il «suo» territorio dove godeva di un enorme appoggio.
Un appoggio che la gente del quartiere, i fedelissimi del clan, hanno dimostrato anche in quella circostanza. Quando Cuccaro è giunto sul pianerottolo, scortato dai carabinieri, dal bunker del clan è scattato l’allarme. Grida e lamenti dei parenti si sono innalzati da via Giambattista Vela, lanciando una sorta di allarme che nonostante l’ora tarda ha richiamato in strada almeno una sessantina di persone che si sono riversate davanti la palazzina dove era avvenuta la cattura del latitante per impedire che i militari lo portassero via.
Il 21 giugno del 2015, Barra si oppone alla cattura del boss.
Da tutte le palazzine abitate dalla famiglia Cuccaro, che domina la zona dagli anni Ottanta, e dagli Andolfi, loro alleati, nel cuore della notte, si sono riversati in strada i fedelissimi del boss per impedirne l’arresto, per aiutarlo a scappare, per sfidare lo Stato.
I militari hanno creato un corridoio e fra strattoni e spinte sono riusciti a far salire Cuccaro in auto. I gregari dei Cuccaro hanno poi fatto ressa intorno all’auto dei carabinieri nel tentativo di impedire che il boss venisse portato via.
Davanti alla caserma, gli stessi fedelissimi hanno accompagnato la cattura del boss lanciandogli sonori baci, ricambiati da Luigi Cuccaro.