“Perdonami Luigi, sono arrivato troppo tardi, la mia chiamata al 118 non è servita a te, ma ai tuoi amici. Tu già stavi beato tra gli angeli.
Che il signore possa accoglierti tra le sue braccia e possa dare un conforto ai tuoi genitori.
Rip”
Inizia così, con un sentito messaggio pubblicato in coda ad uno dei tanti articoli pubblicati nei giorni scorsi, la ricostruzione dei fatti di un uomo che ha prestato soccorso ai ragazzi rimasti coinvolti nell’incidente in cui ha perso la vita il 18enne di Ponticelli, Luigi Borrelli, durante la notte tra lunedì 11 e martedì 12 giugno.
L’uomo, originario di San Sebastiano al Vesuvio, intorno alle 2, stava percorrendo via Mastellone – la strada dove è avvenuto l’incidente – per dirigersi verso casa, quando si è imbattuto nel furgoncino sul quale stavano viaggiando quattro ragazzi di età compresa tra i 17 e i 18 anni, tutti di Ponticelli.
“Mentre stavo percorrendo via Mastellone, diretto a San Sebastiano al Vesuvio, mi sono imbattuto nel furgone di traverso che occupava la carreggiata. C’erano pezzi per terra di vario genere e lateralmente, a terra, c’erano questi tre ragazzi. Uno di loro era quasi in piedi, con il volto pieno di sangue, che chiedeva aiuto.
Cercava di prendere il cellulare per chiedere aiuto. Appena sono sceso dall’auto ho chiamato subito i soccorsi e mi sono precipitato vicino ai ragazzi a terra. C’erano già altre persone sul posto. Erano all’incirca 5 o 6. Poi piano, piano sono arrivate altre persone residenti nei dintorni. Eravamo all’incirca una ventina di persone. Quando sono arrivato il ragazzo era in fin di vita, vivo, ma incosciente e dolorante. Dopo poco si è spento.
L’ambulanza è arrivata dopo 30 minuti dalla mia chiamata. Tutti noi presenti sul posto abbiamo chiamato continuamente 118, 113, 112. Il ferito meno grave è stato tutto il tempo vicino al compagno moribondo. Gli parlava per farlo rimanere sveglio. Ho rilasciato una deposizione alla polizia municipale che è giunta sul posto. Hanno gestito tutto loro, insieme ai carabinieri e ai medici del 118.
I ragazzi erano incoscienti, ma l’unico in grado di non rispondere era solo Luigi. Gli altri due erano gravi, ma non incoscienti. Gli altri due che erano sdraiati per terra agonizzanti, facevano piccoli movimenti, si lamentavano. Gli dicevamo di non muoversi che stava per arrivare l’ambulanza. Nell’arco di tempo trascorso dal mio arrivo fino a quando l’ambulanza non è giunta sul posto, non abbiamo potuto fare altro, essendoci resi conto che la situazione non era da “primo pronto soccorso” non potevamo far nulla. I ragazzi non erano trasportabili in auto per essere condotti in ospedale.
Mentre aspettavamo i soccorsi abbiamo cercato di identificare i ragazzi e contattare i familiari. Alcune delle persone presenti sul posto hanno recuperato i loro telefoni e hanno telefonato ai primi numeri in rubrica. Di preciso non so cosa abbiano riferito alle persone che gli hanno risposto, c’erano altre persone della zona che hanno chiamato.“