Nell’ambito della campagna per la legalità del TgR Campania, lo scorso 24 maggio, la Rai ha realizzato un servizio incentrato sulle piazze di spaccio del Rione De Gasperi di Ponticelli, dove si puntavano i riflettori sugli arsenali della droga che da diversi anni fungono da autentica meta di pellegrinaggio per molti tossicodipendenti della periferia est di Napoli e non solo. Infatti, la strategica vicinanza alla stazione della circumvesuviana di Ponticelli, rende particolarmente facile l’accesso ai supermarket della droga del rione che un tempo fu la roccaforte del clan Sarno, anche ad acquirenti provenienti dal centro cittadino, oltre che da altre periferie e comuni limitrofi.
Inoltre, la tecnica dell’“acquisto su ordinazione” attraverso messaggi in codice inviati su cellulari usa e getta, gestiti direttamente dai pusher che, in un lampo, grazie all’ausilio degli scooter, possono raggiungere la stazione e consegnare la droga ai clienti, rende più facile eludere il pericolo di imbattersi in perquisizioni e controlli delle forze dell’ordine, facendosi sorprendere in possesso di considerevoli quantitativi di stupefacenti.
L’arsenale della droga, dunque, resta il rione, ma in seguito agli arresti che nel settembre del 2017 hanno inferto una brutta stangata alla piazza di droga gestita nell’isolato 2, le menti dell’organizzazione hanno preferito introdurre una politica molto più cauta che impone la vendita in loco solo a pochi clienti, fidati e conosciuti, e se durante le ore diurne si predilige il lavoro dei corrieri, al calar del sole la situazione cambia completamente e non di rado, nel rione si registrano scene analoghe a quelle che molti residenti in zona avevano già denunciato durante l’estate scorsa.
Gli schiamazzi, il frastuono e il via vai di scooter ed auto, si protraggono fino a notte fonda nei pressi degli isolati adibiti a supermercati della droga, senza trascurare i capannelli di rifiuti di ogni tipo e le bottiglie di birra lasciate dove capita che concorrono a rendere il clima ancora più invivibile per i residenti del rione di edilizia popolare istituito nel secondo dopoguerra, costretti a subire in silenzio.
Durante la giornata di venerdì 15 giugno, i carabinieri della tenenza di Cercola hanno tratto in arresto per spaccio 2 giovani di Ponticelli. Si tratta di Dario Capasso, di 23 anni e Luca Busiello, di 28 anni, ritenuti essere due corrieri della droga al servizio dei gestori delle piazze del Rione De Gasperi.
I due sono stati sorpresi per strada mentre cedevano 3 dosi di cocaina ad altrettanti acquirenti. Capasso e Busiello sono stati bloccati e arrestati, poi tradotti in carcere, mentre gli acquirenti sono stati identificati e segnalati alla prefettura. Vicino al luogo in cui i due sono stati sorpresi a spacciare, i militari dell’Arma hanno sequestrato altre 28 dosi di cocaina e crack.
Agli indagati in stato d’arresto sono stati sequestrati 620 euro in contanti.
Luca Busiello è il figlio di Anna Sodano, la prima donna della storia camorristica di Napoli est ad aver deciso di passare dalla parte dello Stato. La donna pagò con la vita il suo tradimento al clan Sarno, attirata in una trappola, con la complicità di un’amica di cui si fidava, ordita dai vertici della cosca la cui base operativa era proprio il Rione De Gasperi.
I tre killer, ai quali fu commissionato l’omicidio, costrinsero prima la donna a subire altrettanti rapporti sessuali, quindi la Sodano fu violentata a turno dai suoi aguzzini che poi la uccisero sparandole un colpo di pistola alla nuca.
Il suo corpo non è stato mai trovato e per anni la sua scomparsa è rimasta avvolta nel mistero. Basandosi su quanto emerso da alcune intercettazioni, gli inquirenti non escludono che gli assassini possano essersi disfatti del cadavere di Anna Sodano sciogliendolo nell’acido, osservando un macabro rituale del clan Sarno che imponeva di cancellare ogni traccia delle donne traditrici.
Carmine Caniello, killer stragista del clan Sarno di Ponticelli, che ha scelto di collaborare con la giustizia dopo un lungo periodo di detenzione in isolamento al carcere duro, con le sue dichiarazioni ha contribuito a far luce anche sul brutale assassinio della Sodano, unitamente a quelle rilasciate dal boss Vincenzo Sarno, quando, a sua volta, divenne collaboratore di giustizia.
Fu proprio il boss Vincenzo Sarno ad avviare immediatamente le ricerche della Sodano, non appena si apprese la notizia del suo pentimento e ben presto riuscì a mettersi sulle tracce della donna, secondo quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia, beneficiando dell’aiuto di un avvocato che aveva amicizie influenti in procura e che riuscì ad individuare la località in cui era stata dirottata la donna per la quale si rivelò inutile cambio d’identità e di domicilio.
Il marito della Sodano, nonchè padre di Luca Busiello, il pregiudicato Giuseppe Busiello, andò incontro al medesimo destino riservato alla moglie. I due coniugi gestivano insieme una piazza di spaccio nel Rione De Gasperi. Busiello fu assassinato nonostante avesse mostrato lealtà e attaccamento al clan Sarno provando a far ritrattare la moglie. Ucciso nel 2000, non appena fu scarcerato, perchè anch’egli bramava l’intenzione di rinnegare il clan per diventare collaboratore di giustizia.
Serviva un’esecuzione alla luce del sole, che fungesse da monito per gli altri gregari del clan che stavano pensando di tradire il sistema per passare dalla parte dello Stato.
E’ così che Giuseppe Busiello finisce in quell’inquietante vortice di affiliati uccisi e poi gettati nelle betoniere del calcestruzzo a Sant’Antimo o bruciati vivi, fatti a pezzi e sparpagliati nei cassonetti della spazzatura nel giuglianese. Delitti inumani ed efferati che si consumavano davanti agli occhi impassibili di killer che mangiano un panino mentre guardano la vittima, ancora viva, trasformata in una torcia umana, morire lentamente tra atroci sofferenze. Era questa la sorte che il clan Sarno riservava a chi intendeva collaborare con la giustizia.