“Casi come i suoi e parole come le sue, le sentiamo, qui, tutti i giorni”: una frase che letta così, appare banale ed innocua, mentre invece, inserita nel contesto in cui viene pronunciata, assume un peso ben più serio.
Durante la giornata di oggi, venerdì 20 aprile, Diego Esposito, una delle vittime di Don Silverio Mura, il sacerdote in servizio a Ponticelli negli anni ’80/’90, ha contattato telefonicamente la Congregazione per la dottrina della fede, per ricevere notizie relative al “suo caso”.
La Congregazione per la dottrina della fede è costituita da un Collegio di Cardinali e Vescovi ed è l’organismo della Curia romana incaricato di promuovere e tutelare la dottrina della Chiesa cattolica. L’organico è composto da alcuni Officiali coordinati dal Capo Officio: essi curano le questioni da seguire in base alla loro diversa competenza e alle esigenze della Congregazione.
Le competenze della Congregazione, nello specifico, riguardano i seguenti aspetti: le questioni circa la dottrina della fede e della vita morale; l’esame delle nuove teorie in materia dogmatica e morale; riprovazione ed eventuale condanna di dottrine contrarie ai principi della fede; giudizio previo di documenti di altri Dicasteri per ciò che concerne la propria competenza; esame dei delitti contro la fede, la morale e la celebrazione dei Sacramenti;
promozione ed organizzazione di studi e congressi.
Il giovane che ha denunciato gli abusi subiti da adolescente dal prete del suo quartiere che ha conosciuto, per giunta, non nel corso della pratica di attività parrocchiali, ma in veste di docente di religione tra i banchi i scuola, ha contattato gli uffici della Congregazione per chiedere notizie in merito a due questioni: la prima in relazione al processo canonico nei confronti di Don Silverio Mura, il prete verso il quale non ha puntato il dito solo Diego Esposito, ma anche altre vittime che denunciano di aver subito abusi sessuali da parte sua in età adolescenziale, e la seconda riguarda l’esposto nei confronti del cardinale Sepe, reo di aver insabbiato le denunce mosse dal giovane nel corso di questo anni e di avergli anche fatto perdere il posto di lavoro.
Diego, infatti, lavorava come guardia giurata e nel corso di una serie di missive inviate alla Curia di Napoli scrisse al cardinale di essere talmente disperato e allo stesso tempo determinato nel ricevere giustizia che non avrebbe esitato a togliersi la vita con la pistola di ordinanza dinanzi al Duomo di Napoli pur di centrare il suo obiettivo.
Sepe inviò quella missiva alla Procura di Napoli: tanto bastò per far perdere il posto di lavoro al giovane marito e padre di famiglia, reo di aver denunciato gli abusi subiti quando era un ragazzino, da parte di un “servo di Dio”.
Le affermazioni esternate dal referente della Congregazione per la dottrina della fede a Diego Esposito, nel corso della telefonata odierna, in virtù del quadro che è venuto a delinearsi nel corso del tempo e che ha visto la Chiesa “complice” del prete accusato di atti di pedofilia giunto perfino a Montù Beccaria sotto falso nome, assume una connotazione e un significato ben più serio: la Congregazione, per “rassicurare” una delle vittime di Don Silverio Mura, afferma che le denunce di atti di pedofilia da parte di preti sono all’ordine del giorno.