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Venerdì 16 marzo: due film internazionali ad AstraDoc

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
15 Marzo, 2018
in Arte & Spettacolo
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Venerdì 16 marzo: due film internazionali ad AstraDoc
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la-poltrona-del-padre-2AstraDoc continua il viaggio questa settimana con un doppio appuntamento che ci porta in giro per il mondo dall’America fino alla Calabria, con due opere presentate in diversi festival internazionali

Venerdì 16 marzo, infatti, alle 19.30 avremo La poltrona del padre di Antonio Tibaldi e Alex Lora,passato in festival di mezzo mondo tra cui l’IDFA di Amsterdam, il Biografilm Festival di Bologna e il Filmmaker Festival di Milano. A seguire, alle ore 21.30, ci sarà Tarda estate di Antonello Scarpelli, un giovane autore italiano che, alla sua opera prima, ha realizzato uno dei film più interessanti selezionati lo scorso anno al prestigioso Visions du Réel di Nyon. Antonello Scarpelli sarà presente al Cinema Astra, introdotto da Armando Andria, storico del cinema.

La poltrona del padre racconta di Abraham e Shagra, due gemelli ebrei ortodossi, avanti con gli anni, che conducono un’esistenza appartata nella loro casa di famiglia. Dopo la morte dei genitori hanno accumulato oggetti e memorabilia di ogni genere, riempiendo i locali senza troppo badare all’ordine e alla pulizia. I gatti randagi sono accettati e si aggirano per le stanze con felina tranquillità. L’inquilino del piano di sopra ha però posto un ultimatum: non pagherà più l’affitto se i gemelli non ripuliranno completamente il loro maleodorante appartamento. Abraham a Shagra non hanno altra scelta, devono aprire le porte di casa a una ditta specializzata. Si dà così il via a una traumatica invasione della loro intimità Saranno costretti a confrontarsi con i propri ricordi e il proprio presente, costretti dalle circostanze a cercare un nuovo inizio.

Tarda estate di Antonello Scarpelli ci porta, invece, in un paese in Calabria. Tre gioventù, tre famiglie, tre classi sociali. La stessa condizione immutata di attesa, disperazione e il male di vivere. Questa è stata l’Italia, il Sud, per più di un secolo. Rigorosamente a spalla, la camera cattura, in un modo quasi naturale, questa realtà composta di gesti e parole infinitamente ripetute, dove la sola possibile soluzione è quella eterna dell’emigrazione. Immerso in un’atmosfera malinconica, in un’impressione di tempo rallentato, il film segue un motivo cinematografico ricorrente – quello della fine dell’estate – che significa anche la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, abbandonare l’ambiente protettivo della famiglia per avventurarsi in un mondo sconosciuto. “Tarda estate” si offre allo spettatore catturando semplicemente questa realtà, senza bisogno di affrontarla apertamente. Al film basta manifestarla, con eccezionale economia di rappresentazione. Tutto è raccontato con un’estrema sensibilità e un raro, molto moderno, equilibrio tra documentario e finzione.

“Tarda Estate è un film che coinvolge un gruppo di giovani attori non professionisti di un paesino di provincia in Calabria. Disoccupati o precari, continuano a vivere con i propri genitori e, più o meno viziati da questa situazione, si lasciano andare. Le loro giornate le passano vagando per il paese in cerca di distrazioni come rifugio al malessere e all’apatia del quotidiano.

Dalla comunità di Celico, un paesino ai piedi dell’altopiano della Sila in Calabria, questi ragazzi vengono percepiti come perdigiorno, vagabondi senza meta. Solo i genitori giustificano questo atteggiamento come una reazione naturale alla mancanza di prospettive. Ma che futuro possono offrirgli? I genitori fanno parte di quella generazione che negli anni ’50 e ’60 è stata testimone dei violenti cambiamenti economici e sociali causati dall’arrivo delle industrie in Calabria. Allora erano ragazzini, ma ben presto il profumo di progresso li avrebbe persuasi a lasciarsi alle spalle la Calabria illetterata di contadini e artigiani nella quale erano cresciuti per caldeggiare la cultura consumistica, che portava con se una nuova, sterile forma di ignoranza.

In una strada non asfaltata ai piedi di Celico sorgeva la palazzina non finita dove, insieme alle nostre famiglie, vivevamo io e Bruno, uno dei protagonisti del film. La nostra infanzia l’abbiamo passata in casa, tra giocattoli e televisione, dove i nostri genitori ci tenevano premurosamente con l’idea di proteggerci dai pericoli della strada. Quell’infanzia ha fatto maturare nella nostra generazione aspettative spesso distorte e irrealizzabili, con le quali siamo costretti a confrontarci. Da questo confronto, ma anche dal confronto generazionale con le nostre famiglie è nata in me l’urgenza di fare questo film.

A distanza di sette anni dalla mia partenza, nell’estate 2014 ho condiviso esperienze con i ragazzi e ascoltato le loro storie che mi hanno permesso una scrittura consapevole e affine alla realtà.” (Antonello Scarpelli)

Il programma di “Astradoc – Viaggio nel cinema del reale” continua con altri ospiti il 6 aprile, in cui avremo Ilaria Urbani con “Luci sulla frontiera” e Andrea Canova con “Je so’ pazzo“. E poi, prima di scoprire gli ultimi grandi appuntamenti di fine rassegna, grandi film internazionali come l’accoppiata dedicata all’oriente il 23 marzo con “Alla ricerca di Van Gogh” e “Ciao amore vado a combattere“, l’inquietante “Safari” di Ulrich Seidl il 28 marzo, e il biopic “Never Ending Man: Hayao Miyazaki” sul grande maestro d’animazione giapponese Miyazaki il 13 aprile.

La rassegna si chiuderà con 5 appuntamenti (20 e 27 Aprile, 4, 11 e 18 Maggio) da definire con film documentari provenienti da Festival Internazionali.

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