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1 marzo 2015: 21enne ucciso in un circolo ricreativo nel Lotto O di Ponticelli

Luciana Esposito di Luciana Esposito
2 Marzo, 2018
in Cronaca, In evidenza
0
1 marzo 2015: 21enne ucciso in un circolo ricreativo nel Lotto O di Ponticelli
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CRO - (intranet) OmicidioPonticelli, 1 marzo 2015 – Alle 21.50, un killer fa irruzione nel Lotto O, nel circolo ricreativo di via dei Bronzi di Riace, dove tanti giovani si sono riuniti per guardare l’incontro di calcio Torino-Napoli, con un intento ben chiaro: uccidere Gianmarco Lambiase, 21 anni e un curriculum criminale già fitto di reati associativi. Il 21enne muore due ore dopo il ricovero all’ospedale Loreto Mare per la gravità delle ferite riportate.

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Un raid di chiara matrice camorristica che fin dai primi rilievi consegna uno scenario ben chiaro ai carabinieri di Poggioreale che indagano sull’agguato: per scoprire chi ha sparato e perchè, devono dirottare le indagini lontano dalle dinamiche malavitose ponticellesi, del tutto estranee alla vicenda.

Gianmarco Lambiase nasce a Forcella, nel centro storico, nel ventre caldo di Napoli, e inizia a muovere i primi passi sul fronte malavitoso, in veste di sorvegliante delle piazze di droga della famiglia Del Prete, il braccio operativo del clan Mazzarella nel quartiere.

I Mazzarella sono uno dei clan più antichi e temuti della città: nascono a San Giovanni a Teduccio, quartiere della periferia orientale di Napoli, poco distante dal centro cittadino e arrivano ad imporre la loro egemonia fino al cuore di Napoli. Entrano a Forcella grazie a un vincolo di parentela siglato con un matrimonio nel 1996: Michele Mazzarella (figlio di Vincenzo detto “o pazz”) sposa Marianna Giuliano, figlia di “Lovigino” Giuliano, il numero uno della cosca di Forcella. Quando questi ultimi perdono potere ed onore, passando dalla parte dello Stato, i Mazzarella si appropriano di Forcella.

E’ proprio in questo contesto storico che cresce Gianmarco Lambiase, nella convinzione che i Giuliano sono una “banda di pentiti” che non vale niente e i Mazzarella sono venerati e temuti come dei re. Le grandi piazze di spaccio si spostano a Secondigliano, Forcella perde egemonia ed autorità criminale. Quando Gianmarco sta per diventare maggiorenne, in seguito al clamore mediatico sortito dalla Faida di Scampia, il suo quartiere mira a tornare un’importante piazza di spaccio ed è così che si formano le paranze: cartelli criminali costituiti da giovanissimi figli della camorra e pronti a tutto pur di servire la camorra.

L’idea di Emanuele Sibillo, fondatore della “paranza dei bambini”, il sodalizio più feroce insorto nell’era post-Giuliano, è di togliere lo scettro dell’impero del male di Forcella dalle mani dei Mazzarella per riportare i forcellani alla ribalta. Si tratta pur sempre di un clan “straniero”, giunto da San Giovanni a Teduccio per appropriarsi di un quartiere che i camorristi locali mirano a riconquistare. Gianmarco viene avvicinato dalla paranza dei bambini con l’intento di farlo passare dalla loro parte contro i Mazzarella, ma il giovane rifiuta, negli anni ha maturato un senso di lealtà, fedeltà ed appartenenza troppo forte verso il suo clan d’origine.

Inizia una prevedibile faida tra i Mazzarella-Del Prete e la paranza dei bambini, capeggiata dai fratelli Lino ed Emanuele Sibillo.
La famiglia di Gianmarco capisce che la situazione sta diventando preoccupante, tesa, pericolosa. Lo spingono ad allontanarsi dal centro di Napoli, finché le acque non torneranno calme.

Nelle telefonate intercettate nell’inchiesta della Dda di Napoli, il padre dice a Gianmarco: “Qua non devi venire proprio! Non la devi fare proprio la pazzaria! (…) non sai chi ti vuole male”. L’altro figlio, Valerio, è al sicuro, perché è finito in carcere. Nel gennaio del 2017, Valerio Lambiase viene nuovamente arrestato, perchè ritenuto – armato di mazza da baseball – uno degli artefici della spedizione punitiva contro i venditori ambulanti senegalesi, culminata in una sparatoria avvenuta nel mercato della Maddalena, in cui è rimasta ferita una bambina di 10 anni, oltre ad alcuni ambulanti.

La compagna del padre di Gianmarco propone un piano del quale non di rado la camorra si avvale pur di salvare la vita a giovani reclute finite nel mirino dei killer dei clan rivali, farlo arrestare, pur di non farlo uccidere: “Dobbiamo chiamare un carabiniere (…) gli dobbiamo far pigliare un paio di anni di carcere… questi qua vanno tutti quanti in galera, quando lui esce non c’è più nessuno (…) almeno il padre lo va a trovare ogni settimana al carcere e non va sopra al cimitero”.

Gianmarco, tuttavia, continua a frequentare Forcella. Sente che è il momento in cui poter può ambire ad un ruolo più importante tra le fila dei Mazzarella e quindi più soldi, più potere, perché molti affiliati sono finiti in carcere e altri stanno tradendo, passando dalla parte dei rivali.

Nel 2013 nasce sua figlia e la sua compagna Anita, che ha 21 anni, non vuole crescere la sua bambina in una famiglia in cui si mangia e si respira il verbo della camorra. La madre di Anita riesca a trovare un lavoro a Gianmarco, in un bar calabrese come barista, ma il giovane non vuole saperne. Non vuole cambiare vita, non vuole andare via da Napoli.

L’intercettazione di una telefonata tra Anita e Gianmarco spiega chiaramente i pensieri del giovane. Gianmarco confessa che non ce la fa a vivere come un barista, un normale lavoratore, seguendo la classica logica del giovane di paranza, secondo cui a lavorare sono solo i fessi, gli uomini che non contano:

Gianmarco: “Embè me ne vado là [a Forcella, ndr ] Anita…”.

Anita: “E che fai Gianmarco là…”.

Gianmarco: “Io … e poi si vede quello che faccio, Anita …”.

Anita: “Eh… Gianmarco e che fai perdi questo lavoro qua per andartene là…”.

Gianmarco: “Ed io poi vado sempre a lavorare…?”

Anita: “Embè che vuoi fare…?”.

Gianmarco: “Sempre quello che ho in testa Anita… tu lo sai bene (…)”.

Anita: “Eh Gianmarco e perché tu vuoi fare sempre… perché tu vuoi fare sempre questa vita qua…? Fammi capire (…) ho parlato con tua mamma, ho parlato con tuo padre, ho parlato con…, ho parlato con tutti quanti, tutti quanti… perché devi fare per forza quella vita, allora è come dico io…”.

Gianmarco: “Ma per forza, ma è una cosa obbligatoria…”.

Anita, per convincere Gianmarco ha parlato con la sua famiglia e i suoi migliori amici, ha cercato di mostrare a tutti che Gianmarco è diverso dagli altri ragazzi di paranza. Anita vuole far capire a lui e a chi gli vuole bene che non è scritto che il suo destino sia per forza quello di camorrista. Ne è convinta la ragazza, ma non Gianmarco che invece si sente obbligato a vivere nel rispetto di quel credo e si mostra affascinato di fronte alla possibilità di guadagnare di più, lavorare nel narcotraffico e per i Mazzarella. E così risponde alla richiesta di Anita di emigrare e cercare un’altra vita:

Anita: “Andiamo per altre parti, e non ti preoccupare”.

Gianmarco: “Eh, non ti preoccupare, con 100-150 euro alla settimana voglio vedere come facciamo… Anita ma per piacere, ma stai un poco zitta, sì…”.

Gianmarco rimane a Napoli, quindi. L’unica precauzione che prende è quella di andare a vivere a casa dei suoceri a Ponticelli, nel Lotto O, uno dei tanti rioni popolari adattati ad arsenali della malavita. Per i rivali non è molto difficile scoprire dove si trovi. In contesti come i rioni in balia della camorra, certe notizie, certe facce e certe informazioni, viaggiano alla velocità della luce.

Omicidio di Gianmarco Lambiase PonticelliIl 1° marzo 2015 Gianmarco si lascia vincere dalla voglia di concedersi una serata da 21enne e sveste gli abiti della recluta della camorra. Un errore che pagherà con la vita. Si reca in uno dei due circoli ricreativi frequentati dai ragazzi del rione per guardare insieme a loro la partita della sua squadra del cuore. Quella sera gli azzurri giocano il posticipo in trasferta contro il Torino. Pochi minuti dopo l’inizio del secondo tempo, si consuma l’agguato ordinato per uccidere Gianmarco Lambiase.

Il padre dei Lambiase in un’intercettazione, parlando dei figli, dice: “Gianmarco è un uomo perso (…) Valerio però rimane là uno lo va a trovare, lo vede, hai capito… Ma quello vuole fare proprio quello, fare quello che lo vuole fare hai capito? Non capisce che io domani sono più forte di te, domani mi sveglio io quello è più forte di te non capisce mo’ sta proprio rischiando la vita di quello che sta in mezzo alla via sta monnezza…”.

Originario delle Case Nuove, Raffaele Cepparulo detto “Ultimo” era stato arrestato per l’omicidio di Gianmarco Lambiase, 21 anni, assassinato il primo marzo 2015, legato al clan Mazzarella. Cepparulo scarcerato fortunosamente, si rifugia in Romagna, a Forlì, dove vivono dei parenti, così da restare fuori dalla feroce guerra in atto a Napoli e soprattutto dal mirino del clan Vastarella che voleva ucciderlo.

Quando è rientrato a Napoli, anche Cepparulo si è rintanato a Ponticelli, anche lui nel Lotto O. Ha cercato riparo e protezione nello stesso rione in cui – presumibilmente – si recò per uccidere Lambiase, in un circolo ricreativo.
Cepparulo era il boss dei “barbudos”, il gruppo criminale nato sotto le direttive di Antonio Genidoni, il cui segno distintivo erano le barbe folte.
Il suo gruppo criminale era attivo nel centro storico di Napoli ed era rivale dei Giuliano-Sibillo, la paranza dei bimbi di Forcella. Cepparulo combatteva, dalla parte dei perdenti, una delle faide più sanguinose degli ultimi anni a Napoli. E mentre i boss dello schieramento opposto sono finiti in carcere, lui è andato incontro allo stesso destino di Lambiase: ucciso nel giugno del 2016 da due killer che hanno fatto irruzione in un circolo ricreativo in via Cleopatra, in linea d’area a pochi passi di distanza da quello in cui poco più di un anno prima venne ucciso Gianmarco – forse da lui o da un altro cecchino, figlio di quello stesso credo – con lo stesso modus operandi.

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