Il Parco Merola di Ponticelli è un plesso di palazzi di edilizia popolare sorto nell’epoca del post-terremoto del 1980 per accogliere gli sfollati e che ha una storia pressoché simile agli altri rioni popolari insorti nel quartiere più esteso e densamente popolato della periferia orientale di Napoli.
Palazzi grigi, monocolore e isolati, dal resto del quartiere e del mondo, nei quali per la malavita è stata fin troppo facile attecchire.
Gli alloggi del Parco Merola furono assegnati principalmente alle famiglie accampate nei vicini Bipiani, “le favelas di Ponticelli”, anche se il business della compravendita delle case gestito dalla camorra, unitamente all’occupazione abusiva, ha poi concorso a creare una forte promiscuità tra i legittimi assegnatari, le famiglie umili ed oneste e quelle dedite alla malavita.
Il Parco Merola ben presto viene ribattezzato “il parco dei colli sporchi”.
Nessuno, nemmeno gli abitanti del parco, sanno di preciso come e perchè nasca quella dicitura che, di certo, non vivono con orgoglio.
Le forze dell’ordine operanti sul territorio, invece, lo definiscono “il rione dove si fanno i fatti” per sottolineare la politica del silenzio adottata dagli esponenti della malavita che vi risiedono e che, contrariamente a quanto accade negli altri rioni ponticellesi in balia della camorra, bandiscono le “azioni eclatanti” per salvaguardare i propri interessi.
Rapine, prestiti di denaro con interessi da capogiro, furti di tutti i tipi, dalle auto ai generi alimentari nei supermercati per poi rivendere il bottino in una sorta di “mini-market fai da te” imbastito tra le mura domestiche e soprattutto lo spaccio di droga: questi i business illeciti prevalentemente praticati in quello che in seguito alla realizzazione delle opere di Street art ha guadagnato il titolo di “Parco dei Murales”.
Nella primavera del 2016 la camorra irrompe nel Parco Merola con un’azione piuttosto eclatante.
Due reclute del clan De Micco simularono il furto dell’auto intestata alla moglie dell’“aspirante boss” Emanuele Cito, speronarono la vettura parcheggiata all’interno del parco fino al cancello d’ingresso per poi darle fuoco. Una trappola ordita ad arte per indurre “Pierino” – questo il soprannome di Cito – a scendere in strada per sedare le fiamme, andando così incontro al suo destino. Due sicari erano appostati in strada, pronti ad attenderlo per giustiziarlo. Cito intuì il piano architettato dai “Bodo” per mettere fine al suo intento di fondare un clan tutto suo, con l’ausilio dei gregari che proprio nel Parco Merola erano pronti a dargli man forte. Per questa ragione nell’aprile del 2015 Vincenzo Pace, braccio destro di Cito, perse la vita in un agguato, quasi sicuramente voluto per uccidere Pierino che, però, rimase solo lievemente ferito.
Durante il pomeriggio di martedì 20 febbraio, gli agenti del Commissariato di Ponticelli hanno fatto irruzione nel Parco Merola per raggiungere l’appartamento abitato da una coppia imparentata proprio con il defunto Vincenzo Pace. I poliziotti hanno rinvenuto e sequestrato cocaina e 130 euro in banconote di vario taglio, una pistola e cartucce annesse.
Inoltre gli agenti hanno scoperto che l’abitazione era sorvegliata da un sistema comprensivo di tre telecamere, posizionate in modo tale da visualizzare, oltre l’accesso all’appartamento, anche delle cantinole situate all’ultimo piano dell’edificio che sono state tutte smontate e sequestrate.
Proprio all’interno delle cantinole gli agenti hanno rinvenuto cocaina ed hashish per un peso di oltre 250 grammi e scoperto una pistola semiautomatica calibro 7,65 mod.81 e 113 munizioni di vario calibro.
Il materiale rinvenuto è stato sottoposto a sequestro a carico di ignoti, in quanto non è stato possibile risalire all’identità dei proprietari e/o dei fruitori delle cantinole controllate.
Per quanto rinvenuto in casa i due abitanti, la coppia di coniugi, un uomo ed una donna entrambi 27enni, sono stati deferiti all’autorità giudiziaria per detenzione al fine di spaccio di sostanze stupefacenti.