Anna Sodano, 27 anni, prima testimone di giustizia della periferia orientale di Napoli, paga con la vita il tradimento al clan Sarno. Venne attirata in una trappola, ordita dai vertici della cosca che ha dettato legge nell’entroterra vesuviano per circa un ventennio.
Prima di essere uccisa venne violentata tre volte: questo il destino che il clan Sarno ha imposto alla vita di Anna Sodano, la 27enne che nel 1997 decise di passare dalla parte dello Stato, aiutando la giustizia a ricostruire gli intrecci camorristici riconducibili alla cosca più efferata della storia di Ponticelli.
I tre killer ai quali fu commissionato l’omicidio, costrinsero prima la 27enne a subire altrettanti rapporti sessuali, quindi la Sodano fu violentata a turno dai sicari che poi la uccisero con un colpo di pistola alla nuca.
Il suo corpo non è stato mai trovato e per anni la sua scomparsa è rimasta avvolta nel mistero.
Carmine Caniello, killer stragista del clan Sarno di Ponticelli, che ha scelto di collaborare con la giustizia dopo un lungo periodo di detenzione in isolamento al carcere duro, con le sue dichiarazioni ha contribuito a far luce anche sul brutale assassinio della Sodano, unitamente a quelle rilasciate dal boss Vincenzo Sarno, quando passò dalla parte dello Stato.
Tutto ha inizio con la decisione della Sodano di consegnarsi alle forze dell’ordine e di raccontare tutto quello che sapeva sul clan nato nel rione De Gasperi di Ponticelli. Fu proprio il boss Vincenzo Sarno ad avviare immediatamente le ricerche e ben presto riuscì a mettersi sulle tracce della 27enne, secondo quanto riferito da alcuni collaboratori di giustizia, beneficiando dell’aiuto di un avvocato che aveva amicizie influenti in procura e che riuscì ad individuare la località in cui era stata dirottata la donna. Inutile per la donna il cambio d’identità e di domicilio: viene individuata e le viene offerta immunità in cambio della ritrattazione. Niente vendetta contro l’aspirante pentita, niente ritorsioni. Ad assicurarlo è lo stesso boss che poi ne ordinerà la morte.
La 27enne accetta, tanto da ricevere in regalo un appartamento in cui coronare il sogno di una vita normale. E invece i Sarno non rispettano i piatti e puniscono la donna che aveva osato venir meno alle regole d’onore del clan. Erano gli anni in cui la gabbia d’oro nella quale il clan di Ponticelli aveva costruito il suo potere iniziava a scricchiolare e per provare a tenere uniti i pezzi era necessario mettere a segno delle punizioni esemplari. “Gli infami”, coloro che tradivano il clan per passare dalla parte dello Stato, dovevano subire esecuzioni brutali che potessero fungere da monito per coloro che si lasciavano accarezzare dalla stessa idea.
L’eliminazione sarebbe stata decisa perché la donna avrebbe rappresentato, con le sue rivelazioni, un pericolo per la cosca. La Sodano fu vittima di un vero e proprio tradimento da parte di una persona di cui si fidava. Diversamente, non avrebbe mai lasciato il suo rifugio. Il buon esito del piano di morte del clan Sarno fu deciso dalla telefonata di un’amica di Anna che le chiese un appuntamento, al quale, però, si presentarono i killer.
Della donna, scomparsa il 29 gennaio 1998 dall’Hotel Executive di Napoli, dove viveva in attesa di essere trasferita in un’altra località protetta, il corpo non è mai stato ritrovato, e secondo alcune testimonianze fu gettato in una betoniera.
Stessa sorte tocca al marito della Sodano, il pregiudicato Giuseppe Busiello, i due gestivano insieme una piazza di spaccio nel Rione De Gasperi, la roccaforte del clan Sarno. Busiello fu assassinato nonostante avesse mostrato lealtà e attaccamento ai Sarno provando a far ritrattare la moglie. Nel 2000, uscito di galera viene ucciso, perchè anch’egli bramava l’intenzione di rinnegare il clan per diventare collaboratore di giustizia.
Serviva un’esecuzione alla luce del sole, che fungesse da monito per gli altri gregari del clan che stavano pensando di tradire il sistema per passare dalla parte dello Stato. Giuseppe Busiello finisce quindi in quell’inquietante vortice di affiliati uccisi e poi buttati nelle betoniere del calcestruzzo a Sant’Antimo o bruciati vivi, fatti a pezzi e sparpagliati nei cassonetti della spazzatura nel giuglianese. Delitti inumani ed efferati che si consumavano davanti agli occhi impassibili di killer che mangiano un panino mentre guardano la vittima, ancora viva, trasformata in una torcia umana, morire lentamente tra atroci sofferenze. Era questa la sorte che la camorra riservava a chi intendeva collaborare con la giustizia.
Gli inquirenti, sulla base delle intercettazioni che contribuirono a decapitare il clan Ponticelli, operante nel comune di Cercola e nato proprio in seguito ad una scissione dai Sarno, ipotizzarono un altro inquietante scenario intorno all’omicidio di Anna Sodano. In quelle intercettazioni, i gregari del clan Ponticelli parlano dell’acido come normale strumento di morte, un inevitabile dubbio sorge negli investigatori. Trattandosi di un clan che non è altro che una costola dei Sarno, potrebbero aver acquisito l’usanza di disciogliere nell’acido le donne di cui eliminare le tracce proprio dalla cosca di Ponticelli. I killer di Anna Sodano, quindi, potrebbero essersi disfatti del cadavere della donna sciogliendolo nell’acido, secondo un macabro rituale del clan voluto per eliminare tutte le tracce delle donne traditrici.