“Dirty Dancing” è per il teatro un titolo molto più importante di quello che si pensi: rappresenta uno dei pochi spettacoli in grado di portare davanti al sipario persone che non ci sono mai state, ed è l’unico titolo anglosassone in assoluto il cui allestimento italiano è stato esportato in tutto il mondo, compreso il celeberrimo West End di Londra.
Questa versione dello spettacolo, reduce da successi in Inghilterra, Germania, Spagna, Austria, Monte Carlo, Messico, Belgio, Lussemburgo, e presto Francia, è fedele e rispettosa della pellicola del 1986 da cui ha origine. Il testo e i personaggi rispecchiano quindi il film cult, e sono stati inoltre sviluppati e approfonditi maggiormente per servire al meglio la forma di rappresentazione appunto del teatro, che non vive ovviamente su espedienti quali ad esempio il primo piano, specifici invece del cinema.
Le coreografie hanno una connotazione sexy e sensuale in riferimento al titolo dello spettacolo, balli proibiti, e la direzione musicale affonda invece nei master originali della celeberrima colonna sonora del film, per esplodere nel canto live in momenti topici come “Time of My Life”. Le scenografie, le luci, i costumi, le acconciature e il trucco si rifanno invece proprio al periodo, il 1963, più che sul grande schermo, dove per ovvie ragioni era evidente un sapore anni ’80, non più inerente oggigiorno alla messa in scena del titolo, anche se sempre con qualche eccezione come la trascinante “Hungry Eyes”.
La regia, servita dal disegno del suono, desidera scorrere in modo efficiente e ‘reale’, come era il film mito, dove per volere dell’autrice non sono i protagonisti a cantare, ma una volta da un giradischi, una volta da una radio, o ancora da un pianoforte nella sala da ballo dell’hotel, sgorgano con nostalgico ricordo le melodie che accompagnano la crescita di Baby, una ragazza semplice e in gamba, nel suo passaggio da ragazza a donna, e della sua ricerca di coraggio per l’affermazione di sé.
“Dirty Dancing” è infatti un inno all’affermazione del proprio io: siate quello che sentite di essere, solo così potrete vivere il momento più bello, The Time of Your Life.
Quando nel 1987 l’autrice Eleanor Bergstein scrisse la storia di “Dirty Dancing”, non si sarebbe mai immaginata un tale successo. Il racconto di Baby e della sua storia d’amore con Johnny, il bel maestro di ballo, nata in una lontana estate degli anni ’60 nella scanzonata atmosfera del resort Kellerman, si è trasformato in un vero e proprio cult senza tempo a livello cinematografico e teatrale.
Per celebrare i 30 anni di successi del film, “Dirty Dancing, the Classic Story on stage” torna a teatro per un lungo tour italiano, con una speciale versione firmata dal regista Federico Bellone.
“Dirty Dancing” è un titolo da record: un successo planetario al cinema, un Golden Globe e un Oscar per il brano “(I’ve Had) The Time of My Life”, oltre 40 milioni di copie della colonna sonora vendute e, solo negli Stati Uniti, oltre 11 milioni di dvd e Blu-ray.
A teatro ha ottenuto i più alti incassi nella storia del teatro europeo. Per il pubblico la versione teatrale è oramai, come succede per il film, un classico da vedere e rivedere per vivere ogni volta tutte le emozioni e la magia di una storia senza tempo.
“Dirty Dancing, the Classic Story on Stage” ha la capacità di conquistare e coinvolgere non solo gli habitué del genere, ma di avvicinare al teatro tutta una nuova ed eterogenea parte di pubblico, impaziente di assistere ‘dal vivo’ alla storia d’amore tra Johnny e Baby, raccontata da musiche e coreografie indimenticabili, fedelmente riprese dalla versione cinematografica.
Anche in questa nuova versione teatrale la colonna sonora comprenderà, oltre all’iconico brano vincitore di un Premio Oscar e di un Golden Globe “(I’ve Had) The Time Of My Life”, le hit indimenticabili “Hungry Eyes”, “Do You Love Me?”, “Hey! Baby” e “In the Still of the Night”.