La nuova autopsia effettuata sul corpo della 18enne romana Pamela Mastropietro, i cui resti erano stati trovati in due valigie nelle campagne maceratesi, rivela che la giovane ha subito atti violenti.
Sul corpo della giovane ci sono “segni di violenza applicata in condizioni di vitalità”, spiega il professor Mariano Cingolani, il medico legale che ha svolto la nuova autopsia su incarico della Procura. Si tratta di un luminare che in passato si è occupato del caso Meredith a Perugia e di far luce sulla morte di Marco Pantani.
L’esame autoptico chiarisce che la droga potrebbe non essere la ragione della morte. Dunque, quella dell’omicidio è un’ipotesi che prende sempre più forma, supportata da diversi elementi.
Pamela ha una ferita alla testa che secondo l’esperto che l’ha esaminata le sarebbe stata inferta quando era viva. E ha ferite all’altezza del fegato compatibili con il segno di coltellate: anche queste, per il professor Cingolani, potrebbero essere state inferte quando Pamela era viva, ma solo i delicati e complessi accertamenti scientifici in corso saranno in grado di accertarlo.
Gli inquirenti, oltretutto, in casa di Innocent, l’uomo fermato nelle ore successive al ritrovamento dei resti della giovane, avrebbero identificato l’arma, un coltello, compatibile con le ferite rinvenute sul cadavere della giovane.
A parere del professore, chi ha agito lo ha fatto con una mano straordinariamente esperta, oltre che, a giudicare dalla meticolosità con cui ha operato in alcune parti del corpo, con l’intento di ostacolare il più possibile gli accertamenti scientifici in grado di rivelare se Pamela sia stata violentata o strangolata.
Oltretutto, spiega lo specialista, lo strazio inflitto al corpo va molto oltre ciò che sarebbe stato necessario per chiuderlo in due valigie. La svolta, che dovrà essere confermata dall’esito degli esami di laboratorio in corso sui resti della ragazza, segna una novità sostanziale nell’inchiesta.
Non solo Pamela potrebbe essere stata uccisa e non morta per overdose; ma illumina un possibile movente nella violenza sessuale e lascia il crescente sospetto che altre persone possano davvero aver provocato lo scempio sul suo corpo per cancellare le tracce.
Persone esperte e robuste, forse “un macellaio” o “un chirurgo”: Innocent Oseghale, il nigeriano in carcere che si è sempre dichiarato innocente e che ha trasportato i due trolley con il corpo di Pamela, non corrisponde all’identikit né fisicamente né tantomeno nel profilo. Forse anche per questo – il dubbio era già emerso nella prima autopsia – da giorni gli inquirenti stanno allargando il più possibile le indagini nella cerchia di persone che frequentavano Innocent, e che avevano accesso alla casa.
I carabinieri hanno bloccato due nigeriani perché sospettati di coinvolgimento nell’omicidio di Pamela, la ragazza di 18 anni di Macerata il cui cadavere è stato trovato in due trolley. I risultati dell’autopsia, in particolare il modo in cui è stato sezionato il corpo, hanno portato i militari sulle tracce dei due: uno trovato a Macerata e l’altro bloccato nella Stazione Centrale di Milano mentre cercava di raggiungere la Svizzera.
Gli inquirenti, anche sulla base delle due autopsie eseguite, sono convinti che lo smembramento del cadavere non possa essere stato eseguito da una sola persona. Il sospetto è quindi che i due nigeriani bloccati abbiano aiutato a sezionare e occultare il cadavere nelle valigie poi abbandonate a Pollenza.
I carabinieri, che vagliano la posizione anche di altre persone, stanno interrogando i sospetti per capirne gli spostamenti e la posizione nelle ore in cui Pamela è morta o è stata uccisa, per verificarne l’alibi.
Sale così a tre il numero dei fermati per la morte della giovane Pamela. Oltre a Innocent Oseghale, già arrestato, sono stati fermati il 29enne nigeriano bloccato alla stazione di Milano e Desmond Lucky, già indagato insieme ad Oseghale. In particolare, i reati ipotizzati dalla procura di Macerata sono quelli di omicidio, vilipendio, occultamento di cadavere e concorso in spaccio di stupefacenti.
Con i due fermi eseguiti “d’iniziativa della Procura della Repubblica di Macerata, nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Pamela Mastropietro, “riteniamo l’indagine chiusa”. Lo ha detto all’ANSA il Procuratore Giovanni Giorgio. I provvedimenti cautelari dovranno poi essere convalidati dal gip. L’inchiesta, ha precisato il magistrato, “coinvolge tre indagati” ed “è chiusa”.
Ora gli inquirenti, con l’ausilio anche di indagini tecniche e informatiche, stanno vagliando movimenti e alibi relativi a quel 30 gennaio, l’ultimo giorno di vita di Pamela che, dopo essersi allontanata il 29 gennaio dalla comunità di recupero Pars di Corridonia, era arrivata a Macerata e aveva contattato Oseghale per procurarsi la droga.
Gli inquirenti stanno lavorando per ricostruire quanto accaduto a partire da questo momento fino al ritrovamento dei resti del cadavere della giovane.
Nella seconda versione fornita agli inquirenti, il pusher ha sostenuto di essere salito in casa con la ragazza e Lucky che le avrebbe ceduto una piccola dose di eroina. Quando Pamela è andata in overdose, ha detto Oseghale, lui sarebbe scappato, trovando in seguito nell’abitazione le valigie con il corpo già sezionato. Desmond sostiene invece di non aver mai spacciato né di essere stato nella mansarda dove i Ris hanno trovato i vestiti di Pamela sporchi di sangue, tracce ematiche in cucina e su un piumone bagnato in balcone, oltre a grossi coltelli da cucina tra cui una mannaia. La sera stessa Oseghale, che aveva i trolley con sé, ha chiesto a un amico camerunense di accompagnarlo in auto a Pollenza. Gli accertamenti tecnici, per i quali ci vorranno ancora dei giorni, serviranno in ogni caso a far luce sull’intera vicenda.
Un altro dettaglio emerge, intanto, sulle ultime ore di vita della giovane. Appena scappata dalla comunità che la ospitava, Pamela sarebbe stata avvicinata da un 45enne del posto che le avrebbe offerto del denaro in cambio di sesso. In quel modo la ragazza sarebbe arrivata da Corridonia a Macerata, prima di morire. L’uomo l’avrebbe accompagnata alla stazione di Piediripa, poi non l’avrebbe più rivista.