La denuncia pubblica della 17enne che ha raccontato le molestie subite da una baby gang, mentre passeggiava nel centro commerciale Auchan Napoli, uno dei luoghi più frequentati del quartiere Ponticelli, ha suscitato una forte reazione di indignazione corale, non solo da parte dei residenti in zona.
Giudizi durissimi sono stati espressi indistintamente nei riguardi dei minori, autori delle molestie, così come verso i loro genitori e gli spettatori che hanno assistito impassibili a quelle scene e che non hanno sentito il bisogno di intervenire per difendere le giovani in palese difficoltà, oltre che in pericolo.
Non si tratta di un caso isolato.
Stando alle testimonianze che continuano a giungere alla nostra redazione, le baby gang in quella sede sono assai attive e particolarmente dedite a prendere di mira donne che passeggiano da sole per praticare vere e proprie molestie sessuali.
Alla testimonianza di una 17enne che pochi giorni fa raccontò quello che era stata costretta a subire mentre passeggiava nel Centro Commerciale Auchan Napoli di via Argine, si aggiunge quella di una donna che ha il doppio dei suoi anni e che si è trovata a fronteggiare una situazione analoga.
L’episodio risale allo scorso dicembre e la 34enne si dice sconcertata nell’apprendere che quello che le è accaduto quando si recò all’Auchan di via Argine per dare una mano ad un amico fotografo a gestire il suo stand, non sia stato un episodio isolato: “E’ stato scioccante per me, immagino quanto lo sia stato per una ragazza di 17 anni.
Lo scorso dicembre, mentre passeggiavo tra i negozi, nei pressi di una delle profumerie della galleria dell’Auchan di via Argine, presi il cellulare dalla borsa e fu allora che notai quei tre ragazzini che mi osservavano con fare sospetto. Non avranno avuto più di 12 anni ciascuno e inizialmente pensai che volessero tentare di rapinarmi, vedendomi maneggiare il cellulare. In un lampo mi franarono addosso e mi strattonarono per tirarmi giù il giubbino. Senza neanche avere il tempo necessario per capire cosa stesse accadendo, mi sono ritrovata la mano di un ragazzino sul seno, quella di un altro ragazzino sul sedere e quella del terzo tra le gambe. Ho reagito istintivamente, afferrando uno dei tre per il giubbino e l’ho strattonato. Il tutto è avvenuto alla presenza di diverse persone che passeggiavano in galleria, alle quali mi sono rivolta urlando, indignata dal fatto che nessuno battesse ciglio e li ho esortati a fare qualcosa, invece di restare impassibili e “godersi lo spettacolo”.
Mi sono agitata ed innervosita. Fu proprio la commessa della profumeria nei pressi della quale mi trovavo ad allertare la sicurezza. Il vigilante è arrivato dopo un bel po’ di tempo, quando i ragazzini erano già fuggiti. Gli ho raccontato l’accaduto ed è finita lì.
Sono rimasta per l’intera giornata allo stand del mio amico fotografo, ma non ho mai visto passare la vigilanza né ho rivisto quei ragazzini. Sarei in grado di riconoscerli, se dovessi rivederli in giro. Davo per scontato che avrebbero visionato i filmati del sistema di sorveglianza per identificarli, ma dubito che l’abbiano fatto. Così come mi aspettavo di vederli passeggiare lungo i corridoi, allertati da quanto gli avevo raccontato. L’impressione che ho avuto quel giorno e che ho rivissuto nel leggere la testimonianza della 17enne che un mese dopo ha subito un’aggressione simile alla mia, ancora una volta da un gruppo di ragazzini, è che i presenti tendono a minimizzare l’accaduto, incapaci di capire che “i baby-molestatori” di oggi sono i futuri stupratori di domani.
E’ ovvio che essendo una donna adulta, passato lo choc, mi sarei difesa, ma il fatto che dei ragazzini che non hanno ancora i peli sul petto si sentano talmente forti e irriverenti da pensare di poter “puntare” anche una donna adulta è un dato allarmante che deve farci riflettere.
Le donne del quartiere non possono più uscire da sole o devono “abituarsi” all’idea di essere oggetto di molestie per soddisfare “curiosità e fantasie” di ragazzini?”