Napoli, 6 febbraio 2001 – Giuseppe Zizolfi, 20 anni, si trovava fuori dal negozio di macelleria nel quale aveva smesso di lavorare da venti giorni. Il morbo della “mucca pazza”, aveva messo in crisi il consumo di carne e anche il suo lavoro di garzone di macelleria.
E’ morto in seguito ai traumi riportati dopo aver battuto violentemente la testa sull’asfalto, colpito con un calcio dal motorino sul quale stava inseguendo i due ladruncoli che avevano portato via lo stereo dall’auto del suo ex datore di lavoro. Giuseppe era andato a trovarlo, sperando che prima o poi lo riassumesse.
Con la famiglia viveva a Pianura, il padre disoccupato e i fratelli di Ciro, 16 anni, Maria Laura, di 8, e Anna, di 3. La sua è una famiglia di terremotati che aspetta l’assegnazione di un alloggio pubblico. Giuseppe metteva da parte i soldi per acquistare una casa. Voleva sposarsi nella Basilica dove, invece, è stato celebrato il suo funerale.
Sembrava un qualsiasi incidente in motorino, la testimonianza di un dipendente del negozio, Gennaro Grimaldi, aiuta gli inquirenti a ricostruire la reale dinamica dei fatti.
Mentre era nella macelleria, Giuseppe ha visto due giovani che tentavano di portare via lo stereo dall’auto dell’amico e con lui è uscito fuori per bloccarli.
Con Gennaro è salito su un motorino, ma poi si sono separati: il garzone ha continuato la corsa, l’altro ha inseguito i ladri a piedi. Pochi minuti dopo, però, il ciclomotore con i malviventi a bordo è spuntato alle spalle di Giuseppe, lo ha speronato. Uno dei due ladruncoli gli ha dato un calcio. Il ragazzo è caduto e ha battuto la testa. E’ morto poco dopo il ricovero nel reparto di rianimazione del Cardarelli. E la madre non ha dubbi: “Il motorino non era di mio figlio, non lo ha mai avuto. Forse ha preso quello di qualcun altro, ma non so perché. Lui stesso aveva subito una rapina un paio di anni fa, ma non aveva reagito. Mi aveva detto: ‘Mamma, li avrei ammazzati…’. Però non aveva fatto niente”.
Giuseppe lavorava da quando aveva 10 anni in macelleria, ma da qualche tempo gli affari in macelleria andavano male e il titolare del negozio lo aveva licenziato, invitando il ragazzo a ritornare dopo quindici giorni.
Per tre giorni, il ragazzo è ricoverato nel reparto rianimazione del Cardarelli. Alla fine, però, il suo cuore smette di battere.