Succede anche questo a Ponticelli, a Napoli est, in tutti quei quartieri d’Italia e del mondo dove a prendere il sopravvento sono le regole della malavita, fin dai primi vagiti.
I bambini imparano prima a destreggiarsi tra le dinamiche del “sistema” e poi a giocare. Tant’è vero che tutte le volte che le circostanze lo richiedono, interrompono i “giochi da bambini” per “fare la loro parte” nel complesso e pericoloso scacchiere della criminalità, dove ogni pedina ha un compito e i bambini ricoprono un ruolo più che prezioso, in quanto non perseguibili penalmente.
In più circostanze nei rioni della camorra,per sfuggire alle perquisizioni, armi e stupefacenti vengono nascosti negli zainetti della scuola dei bambini. Tra libri e matite colorate, a dimostrazione del fatto che le regole della camorra, nella vita dei figli della camorra, ricoprono un ruolo preponderante, prendendo il sopravvento su tutte le altre discipline etiche, morali, sociali, educative, umane. I malavitosi, dunque, abusano del buon senso e del senso del pudore delle forze dell’ordine che difficilmente si metterebbero a frugare tra i giochi e le cose dei bambini e non perdono occasione per mostrare la faccia più cinica e senza cuore della camorra, quella che non guarda in faccia a nessuno e che non rispetta niente e nessuno, neanche l’innocenza dei bambini, anzi, sa spingersi ben oltre: la violenta. Ripetutamente.
Tante volte ho testato sul campo come e quanto la malavita sia abile ad irretire i suoi cuccioli, trasformandoli in scaltri soldati del male.
L’ultima volta è successo in un pomeriggio di settembre: nel “vecchio” Rione De Gasperi, così come nel “nuovo”, intorno alle 15, il silenzio dell’ozio post-pranzo era interrotto solo dal rumore dei piatti da lavare e dal ronzio delle tv accese, mentre lungo via de Meis, la strada che separa i due rioni, qualche auto scorreva veloce, di tanto in tanto.
Quello non era un pomeriggio come tanti.
Doveva accadere qualcosa di clamoroso e così sarebbe stato, se la polizia non avesse incontrato lungo il suo cammino i baby-soldati della malavita.
Gli agenti del commissariato di Ponticelli che per tutta l’estate avevano lavorato a ritmi serrati intorno alla piazza di spaccio dell’isolato 2 del “vecchio” Rione De Gasperi, quel pomeriggio decisero di appostarsi sul terrazzo di un appartamento del “nuovo” rione che forniva loro la visuale “ideale” per “godersi lo spettacolo” e poi trarre in arresto gestori e “capi” del supermercato della droga impostato in quel palazzo.
La sorte ha voluto che proprio nel palazzo dove gli agenti si stavano appostando, abitano dei parenti della moglie di Umberto Sermone, il 38enne già detenuto agli arresti domiciliari per reati di spaccio e che aveva impostato una piazza proprio nell’appartamento in cui stava scontando la pena. Sermone verrà comunque arrestato pochi giorni dopo.
Quando si sono resi conto della presenza degli agenti in appostamento e hanno capito che erano lì per filmare “le performance” di Sermone, ma anche il momento in cui il capo-piazza e sua moglie sarebbero andati a rifornirsi di droga e avrebbero incaricato poi “i garzoni della piazza” di nascondere “il malloppo”, non hanno avuto dubbi sul da farsi.
Le bambine si sono precipitate nell’isolato 2, giunte in prossimità del secondo piano, si sono fermate tra le scale per non essere “scoperte” dagli agenti in appostamento. Sapevano che se avessero fatto anche solo un passo in più le avrebbero viste e così iniziano a chiamare “zia Titti”, la moglie di Sermone. Le mimano la presenza della polizia sul tetto del palazzo di fronte con le videocamere e vanno via.
Tanto è bastato per mandare in fumo un’operazione di Polizia che avrebbe migliorato la qualità della vita di tutti i residenti in zona, anche di quelle bambine, incapaci di capirlo e che molto probabilmente non comprenderanno mai il male e il danno che hanno arrecato anche a loro stesse con quella “spiata”.