Napoli, 31 dicembre 2015 – Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, padre due figli di 5 e 2 anni, è un venditore ambulante e quel giorno, come di consueto, ha allestito la sua bancarella in piazza Calenda, a pochi passi dal teatro Trianon, nel cuore di Forcella.
La mamma Lina, il padre Antonio, il fratello Marco, più piccolo di Maikol di due anni e poi fratellini Kevin di 17 anni e Anita, la piccola di casa di soli 13 anni. Maikol e Marco contribuivano a mettere il piatto caldo a tavola, uno vendendo calzini per strada, l’altro calamite ed occhiali. Da qualche anno, nell’umile appartamento di via Annunziata vivevano anche Anita, moglie di Maikol, e i loro due figli. Tutti insieme, perché impossibilitati a pagare un altro affitto, ma felici di quel poco che riusciva a portare a casa vendendo i calzini. Nessun risparmio messo da parte.
La famiglia Russo infatti i soldi per pagare il funerale non li aveva. I tremila euro li hanno messi insieme gli amici di Maikol, che sapendo delle loro difficoltà economiche, hanno voluto contribuire alle spese.
Già perché poche ore prima dell’inizio dei festeggiamenti per l’arrivo del 2016, Maikol andò incontro alla morte, mentre era per strada a lavorare, raggiunto da colpi d’arma da fuoco. Muore così quel ragazzone sorridente e timido che ha sempre lavorato, sacrificandosi in ogni modo.
Alcuni anni prima, dopo la nascita del primogenito Antonio, aveva capito che a Napoli non c’è futuro. Lui sapeva solo lavorare onestamente ed è partito per gli Stati Uniti in cerca di fortuna. Con una valigia piena solo di speranza, convinto di poter dare un futuro migliore alla sua famiglia, ha vissuto in Texas per lavorare come lavapiatti e cameriere in un ristorante. Una volta rientrato, immediatamente ha fatto ciò che desiderava da tre anni: ha sposato la sua amata Angela, che poco dopo gli darà il secondogenito. Poi espatria di nuovo, stavolta per la Germania. Per sette mesi ha lavorato in un’azienda di automobili vicino Stoccarda. Guadagnava molto bene ed era felice. Mandava a casa quasi tutto lo stipendio, perché lui si accontentava di poco. Ma la malinconia ha preso il sopravvento: i figli crescevano senza vedere il papà e gli si spezzava il cuore ogni volta che sentiva la loro voce al telefono. Era partito per loro, per non fargli mancare nulla. Però aveva capito che i beni materiali non erano niente in confronto a un suo bacio.
Così, una volta tornato si era messo a vendere calzini insieme a Luigi e Luciano. Si svegliava alle 5 del mattino e partivano per andare a Roma, Formia, Latina, altrimenti stazionavano al corso Umberto. Poi tornava la sera all’ora di cena, stanco ma contento di aver messo insieme quei 70-80 euro. Una miseria a confronto degli stipendi incassati in Germania o nel Texas, ma era con i figli, li vedeva crescere.
«Hanno ucciso un uomo con un cuore generoso, che sorrideva a tutti. Non ha mai preso in mano un coltello, non ha mai toccato una pistola. Le sue mani si sono sporcate solo con il lavoro onesto. La sua unica arma era il sorriso».
Così lo raccontano e lo ricordano gli amici, le persone che lo hanno conosciuto, vissuto ed amato e che adesso non posso fare altro che compiangerlo e rimpiangerlo, miscelando le loro lacrime alla pioggia. Quella stessa pioggia che ha lavato via il sangue, ma non il dolore e la rabbia sortiti dalla morte di Maikol: un ragazzo onesto, ucciso dalla camorra, per errore.
Inizialmente si ipotizza che Maikol sia stato raggiunto da proiettili vaganti esplosi “per festeggiare” il capodanno.
Quando 5 giorni dopo, a Melito, viene freddato il 24enne Luigi Di Rupo, la somiglianza con Maikol delinea tutt’altro scenario intorno alla morte di quest’ultimo.
Di Rupo era legato a cosche camorristiche e invischiato nel business dello spaccio di droga. Inizialmente contiguo agli emergenti della Vanella Grassi, poi è passato con i «girati», quelli che anni fa voltarono le spalle al boss storico Paolo Di Lauro e contro di lui e i suoi fedelissimi diedero vita a una delle più sanguinose faide che la storia della camorra ricordi.
Maikol si trovava davanti al bar della piazza quando da alcune moto hanno cominciato a sparare nella sua direzione fino ad ucciderlo. Per questa ragione gli inquirenti ipotizzano lo scambio di persona: seppure Di Rupo fosse collocato in tutt’altro territorio, non di rado si recava a Forcella per interessi legati al business dello spaccio di stupefacenti.
Tanto è bastato per spezzare l’ennesima vita di una vittima innocente della criminalità.