Sant’Anastasia (Napoli), 28 dicembre 2004 – Erano le 19,30 e Francesco Rossi, 59 anni, si trovava in un circolo ricreativo in via Mario De Rosa, strada adiacente a Piazza Cattaneo, e stava giocando a carte insieme a Vincenzo Mauri, 51 anni e ad altre due persone.
“Fravulella” – questo il soprannome di Rossi – era conosciuto da tutti a Sant’Anastasia, era il capo tifoseria della locale squadra di calcio e fu colpito al petto da una pallottola vagante sparata dai killer che, arrivati a bordo di una motocicletta, avevano fatto irruzione nel circolo per uccidere Mauri, elemento di spicco del clan Panico.
Mauri, il reale obiettivo dell’agguato, muore all’istante, mentre Francesco Rossi spirò in ospedale, dopo diversi giorni di agonia, il 2 Gennaio 2005.
Subito dopo l’ omicidio i due assassini fuggono a bordo della moto con cui erano arrivati, facendo perdere le proprie tracce. Francesco Rossi, dopo essere stato ferito è uscito dal locale e, una volta in strada, ha chiesto aiuti ad alcuni passanti che lo hanno trasportato all’ospedale Apicella di Pollena Trocchia dove è stato operato a un polmone.
Tutto succede sotto gli occhi di una trentina di avventori che spariscono prima dell’arrivo dei carabinieri.
Un duplice omicidio che si colloca nell’ambito del “piano espansionistico” dei Sarno che da Ponticelli, in quegli anni stanno estendendo i propri interessi affondando le grinfie sui comuni del vesuviano. Un’invasione non gradita dalla cosca dei Panico, egemone nel comune anastasiano.
Ad agosto dello stesso anno vi fu il primo omicidio, a ottobre un agguato fallito contro un esponente del clan Panico. Fino al duplice omicidio che costa la vita a un innocente. Reale obiettivo dell’agguato, riconducibile alla cosca dei Sarno, era Vincenzo Mauri, cinquantunenne pregiudicato meglio noto con il soprannome di “Vicienzo ‘o cazzillo” e numero uno della cosca dei Panico. Protagonista in Colombia di un inseguimento con sparatoria contro la polizia locale. Ferito alla colonna vertebrale, inchiodato su una sedia a rotelle, ottiene la scarcerazione per motivi di salute, ma poi si rimette in piedi. Diede la vita per combattere la faida contro gli odiati rivali del clan Sarno che cercarono di “mettere le mani” sul territorio di competenza del clan al quale aveva giurato fedeltà e servilismo.