Poco più di un mese fa erano in vacanza a Sharm El Sheikh, oggi si ritrovano dietro le sbarre, in seguito al blitz che pochi giorni fa ha fatto scattare le manette per 23 persone, ritenute affiliate al clan De Micco.
A filmare, scattare e condividere sui social le immagini che raccontano il lusso, il relax e il divertimento che le figure di spicco del clan dei “Bodo” potevano permettersi grazie ai soldi guadagnati attraverso il controllo dei traffici illeciti nel quartiere Ponticelli è il 28enne Antonio De Martino, accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Salvatore Solla, avvenuto sul finire del dicembre del 2016.
A puntare il dito contro il 28enne e a fare i nomi degli altri 22 affiliati al clan dei tatuati tratti in arresto lo scorso 28 novembre sono due collaboratori i giustizia: Ciro Niglio, 34 anni e Rocco Capasso, 56 anni.
Niglio, accusato dell’omicidio di Giovanni Bottiglieri, detto “ ò Zizzillo”, ucciso a Barra il 13 ottobre del 2013, nel pieno della faida tra i Cuccaro e l’ala scissionista Valda-Amodio-Abrunzo, diventando un collaboratore di giustizia ha visto la sua condanna alleggerirsi dall’ergastolo a 20 anni. Il carcere a vita disposto nel primo grado di giudizio è stato ridimensionato dalla concessione delle attenuanti generiche accordata in virtù della confessione di Niglio.
Il killer fece irruzione nel circolo del centro scommesse in via Bernardo Quaranta, nel quartiere San Giovanni a Teduccio, con il volto coperto dal casco e uccise Bottiglieri. Quando la vittima entra nella sala, due giovani gli indicano una postazione di gioco alle slot machine e poi tirano fuori dalla tasca un cellulare e fanno uno squillo (forse al killer), l’uomo armato scese dal motorino, entrò nella sala giochi, puntò la pistola contro Bottiglieri e gli sparò per poi allontanarsi subito dopo. Un omicidio che si consumò sotto gli occhi, complici e impassibili, degli altri clienti che continuavano a giocare e scommettere.
Una sequenza ricostruita meticolosamente grazie al supporto delle telecamere del locale che filmarono l’omicidio.
La confessione di Ciro Niglio, in prima battuta, limitata solo alle proprie responsabilità, venne ritenuta una posizione di comodo e non bastò per evitargli l’ergastolo. La scorsa primavera, invece, ha fornito informazioni determinanti che hanno consentito agli inquirenti di decapitare il clan De Micco.
«La vera mente del gruppo è Luigi De Micco. Ci siamo incontrati più volte e quando è stato ucciso Ciro Valda è venuto a darci le condoglianze dicendo che si sarebbe messo a disposizione – ha dichiarato Ciro Niglio, ex killer del clan Amodio-Abrunzo di Barra, scissionisti del gruppo dei Cuccaro, in un verbale del 24 maggio scorso – Luigi ci disse che si erano allontanati dai Cuccaro perchè non sopportavano l’idea che il clan fosse retto da Michele che era un ex pentito e che non avrebbero “invaso” Barra fino a quando c’eravamo noi».
Mentre Rocco Capasso, esponente attuale dei De Micco, per anni ha vissuto grazie ai soldi che gli derivavano da una pensione di invalidità e poi ha deciso di affiliarsi.
Il 56enne ha iniziato a collaborare con la giustizia il 5 giugno scorso. Dopo aver ammesso la sua partecipazione all’organizzazione, averne delineato l’organigramma e aver chiarito i ruoli ricoperti da ogni singolo affiliato, ha fornito informazioni preziose, rivelando, ad esempio, il modo in cui gli affiliati al clan comunicavano tra loro, ovvero, servendosi di schede telefoniche protette. Inoltre, Capasso, ha rivelato anche i codici: “Ognuno di noi aveva soprannomi e con ognuno di noi ci parlavamo con frasi delle quali solo noi conoscevamo il significato.”
“Ero un jolly per il clan –dichiara Capasso– normalmente, dopo un omicidio ero io che mi occupavo di tagliare le armi utilizzate. Salvavamo solo i caricatori. Custodivo le armi in via Luigi Crisconio. Ero io che andavo a prenderle quando mi venivano chieste per commettere qualche azione della quale venivo a conoscenza solo dopo la commissione.”
I contatti tra i diversi membri del clan, avvenivano tramite sms inviati da schede usa e getta: “Abbiamo schede telefoniche dedicate dalla Lyca-mobile che durano 15-20 giorni. Usiamo solo messaggi. Nel caso in cui non rispondiamo ci mandiamo uno squillo, ma non dobbiamo rispondere. Le schede le procurava Daniele Montanino. – arrestato per favoreggiamento per aver coperto la latitanza di di Francesco De Bernardo – Dopo il suo arresto, a comprarle era Rosario Rolletta.”
Capasso ha permesso agli inquirenti di decifrare il linguaggio in codice di cui si servivano gli affiliati al clan dei “Bodo” per comunicare tra loro: “Usiamo dei soprannomi. Luigi De Micco è “Direttore”; Davide Principe è “Ciccio”; De Martino Antonio “Pareggio”; Autore Antonio “Ram”; il mio soprannome è “Custode”; Carbone Pasquale è “Simile.” Questi sono i contatti che ho io. De Micco Luigi ha altri contatti. Sicuramente ha Nicola, Mimmo il cognato di Fabio Riccardi, Giuseppe Borriello detto “Chupa Chups”. Infine, Antonio De Martino ha sicuramente anche contatti che ha Luigi De Micco perché lo sostituisce nella reggenza del clan. Da quello che si diceva, le schede le prendevano alla ferrovia. I messaggi che ci mandavamo erano in codice. Uno era via Crisconio; Due la casa di Daniele Montanino; Tre la piazza di Adelaide tra via San Rocco e via Risanamento; Quattro dove abita la mamma di Gennaro Volpicelli; Cinque via Botteghelle; Sei l’appartamento dove dormivano De Micco Luigi, De Bernardo e Salzano.”
Secondo il gip Tommaso Miranda che ha firmato l’ordinanza cautelare, quello dei De Micco era “un gruppo che ha saputo imporsi con metodi efferati, ovvero con omicidi, sequestri di persona, gambizzazioni, estorsioni, ha saputo imporsi nel quartiere e ha saputo mantenere la propria forza anche in seguito all’arresto dei capi e di molti degli affiliati, non esitando a ricostituirsi e rimodularsi assoldando nelle proprie fila giovani leve provenienti dalla criminalità comune o dal gruppo locale nemico dei D’Amico”.
Associazioni per delinquere di stampo camorristico, estorsione e omicidio: questi i reati contestati ai 23 esponenti del clan De Micco, al culmine delle indagini corroborate grazie alle deposizioni dei pentiti Ciro Niglio e Rocco Capasso.
I due hanno inoltre permesso di ricostruire dinamica e movente dell’omicidio di Salvatore Solla, detto Tore ‘O Sadico, avvenuto nel dicembre nel 2016.
Un omicidio scaturito dal rifiuto di pagare ai De Micco il pizzo sulla piazza di spaccio che Solla gestiva nel Lotto O. Per “O’ Sadico”, tornato in libertà pochi mesi prima, dopo aver scontato in carcere una pena per estorsione, usura, violazioni in materia di stupefacenti, non piegarsi all’egemonia conquistata dai “Bodo” a Ponticelli era una questione d’onore. Solla era un elemento di spicco del clan De Luca Bossa, organizzazione criminale nata in seguito alla scissione voluta da Antonio De Luca Bossa, detto “Tonino ‘o sicco”, dopo una lunga gavetta come killer del clan Sarno.
La rivalità tra i De Luca Bossa e i De Micco affonda le radici in un feroce duplice omicidio.
Gennaro Castaldi, di 21 anni e Antonio Minichini, di 19 anni: uccisi dai De Micco in via Arturo Toscanini, nei pressi dell’abitazione di Castaldi per “punire” le velleità del clan D’Amico al quale il 21enne era affiliato.
Antonio Minichini, figlio di Anna De Luca Bossa, sorella di Tonino ‘o sicco, fu ucciso per errore. Una morte che ha aperto una ferita insanabile nel cuore dei De Luca Bossa che non hanno mai voluto dimostrare sottomissione ai “Bodo”, anche a costo della vita. Proprio come dimostra l’omicidio di Solla, del quale Antonio De Martino fu l’esecutore mentre Davide Principe e Alessio Esposito pianificarono l’agguato.
Il più anziano, Vincenzo Scala, ha 49 anni, mentre il più giovane, Lino Carbone, ne ha appena 20, l’età media degli affiliati al clan De Micco, arrestati lo scorso 28 novembre, oscilla tra i 20 e i 40 anni: Luigi De Micco 41enne, Roberto Scala 41enne, Moreno Cocozza 31enne, Davide Principe 38enne, Antonio De Martino 28enne, Antonio Autore 24enne, Giuseppe Borriello 29enne, Francesco De Bernardo 28enne, Fabio Riccardi 34enne, Gennaro Sorrentino 39enne, Nunzio Daniele Montanino 41enne. Giuseppe De Martino 27enne, Alessio Esposito 23enne, Michele Gentile 25enne, Luigi De Liguori 40enne, Domenico Limatola 26enne Giuseppe Napolitano 37enne, Giovanni Ottaiano 38enne, Roberto Pane 33enne, Nicola Pizzo 36enne.