La 22enne sarda Michela Deriu si è suicidata nella casa di un’amica a La Maddalena, in provincia di Sassari, la notte tra il 4 e il 5 novembre.
Il 3 novembre era stato pubblicato un articolo sull’edizione locale della Nuova Sardegna che raccontava di una rapina subita da Michela mentre rientrava a casa da lavoro. Sulla sua morte era stata aperta un’inchiesta, e martedì 27 novembre la procura di Tempio Pausania ha iscritto i nomi di tre amici della ragazza nel registro degli indagati dopo il ritrovamento di un video privato, che secondo la procura sarebbe all’origine del suicidio. I tre sono accusati di istigazione al suicidio, diffamazione aggravata e tentata estorsione: la giovane sarebbe stata minacciata della diffusione di quelle immagini – che la mostrano durante un rapporto sessuale – se non avesse acconsentito a pagare dei soldi.
L’articolo pubblicato sul quotidiano “Nuova Sardegna” lo scorso 3 novembre raccontava che una giovane donna che faceva la barista, Michela Deriu, era stata narcotizzata mentre apriva la porta di casa in pieno centro storico a Porto Torres, in provincia di Sassari, all’1.30 di notte al rientro dal lavoro. Dopo il risveglio, la donna aveva un grosso ematoma sul viso – «dovuto probabilmente alla caduta dopo essere stata addormentata» – e che i circa mille euro in contanti presenti in un borsello nel suo appartamento erano scomparsi. Di quei mille euro, 450 erano le mance sue e dei colleghi del bar in cui lavorava. L’articolo ipotizzava che la donna fosse stata seguita dai rapinatori e legava l’episodio a una serie di incendi di automobili, di atti di vandalismo e al «crescente fenomeno della microcriminalità» a cui si assisterebbe in città.
Venerdì 3 novembre, dopo la rapina, Michela Deriu era partita per La Maddalena dove la notte successiva si era suicidata nella casa di un’amica lasciando un breve messaggio scritto a mano. Aveva comunque con sé il biglietto del ritorno sia del traghetto che dell’autobus e prima di andarsene aveva confidato alla titolare del bar dove lavorava di avere paura e di sentirsi in pericolo, senza dare però altri dettagli.
Sulla sua morte era stata aperta un’inchiesta per istigazione al suicidio dai carabinieri del Reparto territoriale di Olbia e della compagnia di Porto Torres, ed erano state seguite diverse ipotesi: era stato analizzato il telefono di Michela ed erano state interrogate diverse persone a lei vicine. Durante le indagini, sui giornali locali era poi cominciata a circolare la notizia del ritrovamento di due video privati della ragazza e la conferma che la storia della rapina subita (per cui Michela Deriu non aveva sporto denuncia formale) era stata costruita da lei stessa per coprire la sparizione dei soldi.
Lunedì 27 novembre la procura di Tempio Pausania ha infine iscritto i nomi di tre conoscenti di Michela Deriu nel registro degli indagati: «Si tratterebbe di persone che lei frequentava con assiduità nell’ambiente di Porto Torres», scrivono i giornali locali. Sulla base di una serie di accertamenti il capo dell’ufficio inquirente, il procuratore Gianluigi Dettori, ha indicato tre capi d’imputazione: istigazione al suicidio, diffamazione aggravata e tentata estorsione. La donna sarebbe stata ricattata e minacciata della divulgazione delle immagini contenute in quei video.
Non è comunque chiaro se i video fossero più di uno o uno soltanto, ma un file è stato trovato nella memoria di un computer di uno dei tre indagati. Secondo quanto riportato su alcuni quotidiani, la giovane era stata ripresa a sua insaputa, per poi essere fatta oggetto della richiesta estorsiva. Si dice anche che alla scoperta del ricatto si è arrivati grazie al racconto di un testimone in particolare, di cui non è stata rivelata l’identità: «Una persona che sapeva dell’inferno esistenziale in cui Michela era finita o con cui la giovane si era confidata».
Una vicenda che presenta diverse analogie con la storia di Tiziana Cantone, la 31enne napoletana che si era suicidata il 13 settembre 2016 per le conseguenze con le quali era costretta a convivere in seguito alla pubblicazione e alla diffusione online di alcuni video hard in cui era stata immortalata mentre era intenta a praticare rapporti sessuali. Qualche settimana fa la procura di Napoli Nord ha chiesto al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione per l’accusa di istigazione al suicidio.
La Procura di Tempio Pausania ha indagato tre persone per istigazione al suicidio, diffamazione ed estorsione.
Gli indagati sono stati individuati a seguito delle indagini svolte dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Olbia e della Compagnia di Porto Torres, dopo il suicidio, ritenuto anomalo.
L’inchiesta della Procura di Tempio Pausania e dei Carabinieri di Olbia e Porto Torres si è subito concentrata sui motivi del gesto compiuto dalla donna, anche alla luce dell’aggressione subita. I militari hanno passato al setaccio il telefono della giovane e ascoltato le testimonianze di parenti e amici. Dalle verifiche è spuntato un video hard con protagonista la giovane barista e che avrebbe spinto la ragazza a compiere l’estremo gesto. Un filmato girato in un contesto sessuale che, secondo i primi riscontri dell’inchiesta, sarebbe stato utilizzato dai tre conoscenti della vittima per ricattarla.