La psoriasi incide sulla felicità dei pazienti in Italia, impattando sulla vita emotiva, mobilità e sfera sessuale. Un impatto psicologico rivelato dal World Psoriasis Happiness Report 2017, una delle più grandi ricerche mai condotte a livello mondiale sulla patologia (interpellate 120 mila persone di 184 Paesi differenti che convivono con la psoriasi) che tocca circa 1,5 milioni di italiani, presentata nei giorni scorsi a Roma. Dall’analisi, realizzata dall’Happiness Research Institute, in collaborazione con il LEO Innovation Lab, un’unità indipendente di LEO Pharma, emerge che l’Italia si colloca nelle ultime posizioni (al 16esimo su 19) tra i Paesi dove gli ammalati di psoriasi sono più felici. E che la felicità dipende dal tipo di sintomo che il paziente manifesta.
In Italia, per esempio, la desquamazione, forse il sintomo più comune della psoriasi, genera un deficit di felicità del 9,46%, mentre a compromettere in misura maggiore il benessere generale è la difficoltà a camminare, con un deficit del 17,8%. Ma il grado di felicità dei pazienti non è solo connesso solo ai sintomi ma anche alla zona del corpo toccata dalla patologia. I dati della ricerca mostrano una netta differenza tra i sintomi che si manifestano a livello del cuoio capelluto e quelli in zona genitale: nel primo caso, il deficit si ferma a -7,2% (con una punta di -9% per le donne), nel secondo arriva a -12,9% in generale e a -16% per il sesso femminile. In generale, è alto il rischio che prendano il sopravvento sentimenti negativi, come rabbia e impotenza.
“Questa ricerca ci conferma come siano ancora molti i bisogni non soddisfatti, soprattutto legati al senso di disagio e imbarazzo, all’impatto sulla vita di relazione specie nelle forme più visibili – spiega Ornella De Pità, direttore struttura complessa di Patologia clinica Ospedale Cristo Re, Roma – Prurito, desquamazione cutanea, arrossamento della pelle sono tutti sintomi importanti e molto fastidiosi, a cui si associa qualche volta un più o meno lieve grado di invalidità nei movimenti”.
Per Antonella Demma, psicologa-psicoterapeuta, docente di Scuola di Psicoterapia Aetos di Venezia, “i sintomi della psoriasi alterano la percezione dell’immagine corporea della persona che ne è affetta indipendentemente dal grado di compromissione clinica della malattia. La frattura identitaria che si determina nella persona tra il prima e il dopo l’insorgenza, favorisce la comparsa di rabbia, impotenza, imbarazzo e frustrazione. Il supporto psicologico deve lavorare sull’aspetto sociale e relazionale, aiutando il paziente a entrare in contatto con l’altro, a vivere le relazioni come una risorsa e una possibilità di confronto”.
“I pazienti dovrebbero ricevere supporto dai medici e dalla società, che non deve farli sentire discriminati e stigmatizzati – nota Mara Maccarone, presidente Adispo, Associazione per la difesa degli psoriasici – Soprattutto adesso che sono disponibili cure efficaci, con una concreta speranza di migliorare. Bisogna incoraggiare nei pazienti la volontà di curarsi e di fare i controlli ed evitare che si abbandonino alla depressione”. Tra gli altri dati dello studio, la solitudine (circa il 33%) delle persone con psoriasi (in Italia al 28%), mentre oltre la metà dei pazienti lamenta una sensazione di disagio, con le donne al 70%. E un altro aspetto da sottolineare ti è la qualità dei rapporti con il medico curante e il sistema sanitario nazionale. Chi si sente supportato dal proprio medico sperimenta un deficit di felicità del 3%, chi invece non riscontra comprensione arriva a un deficit del 21%. In Italia il 52% dei pazienti ritiene che il proprio medico comprenda appieno l’impatto che la psoriasi esercita sulle loro vite, mentre il 47% non si sente compreso. Più della metà (54%) non pensa di essere stato informato a sufficienza. Il 65%, contro il 53% globale, non ha fiducia nel fatto che il sistema sanitario abbia come obiettivo principale quello di migliorare la loro condizione di salute.