Lo scorso lunedì 30 ottobre, durante l’incontro al Festival del Cinema di Roma, voluto per presentare in anteprima la seconda stagione di ‘Camorriste’, la docu-serie sulle donne di spicco della camorra, in onda su Crime+Investigation, cinque giornaliste impegnate nella lotta contro le mafie, di cui due sotto scorta, hanno lasciato la sala, in seguito alle dichiarazioni della ex camorrista Cristina Pinto, detta Nikita, la prima donna-killer della camorra napoletana, dissociata, ma non pentita.
“Nikita” ha scontato 20 anni di carcere scegliendo però di non diventare collaboratrice di giustizia.
Quando Marilena Natale, cronista di Aversa, sotto scorta per le minacce ricevute dai casalesi, davanti ad una platea gremita di giovani studenti, le ha chiesto se si fosse pentita di quello che ha fatto, la Pinto ha risposto: “Non mi sono pentita, rifarei tutto da capo”. Ragion per cui, Marilena Natale, ha abbandonato la sala, seguita dalle altre colleghe presenti.
Una reazione forte, quella della cronista aversana che, sul campo, ha documentato le evoluzioni delle dinamiche camorristiche e le morti decretate dalla mano armata di Nikita.
Cristina Pinto era giovanissima quando entrò a far parte del clan del Rione Traiano di Fuorigrotta, capeggiato da Mario Perrella: invece di un gioiello, ebbe in regalo una pistola.
La Pinto ha partecipato almeno a tre agguati, ha organizzato le spedizioni contro i nemici di Perrella, ha procurato le armi, ha curato la base logistica di alcuni dei più cruenti attentati di camorra. A 22 anni era già indagata per associazione camorristica e per una serie di agguati portati a termine per conto di Mario Perrella, l’uomo che ha scatenato una sanguinaria faida tra le strade del Rione Traiano, entrando in conflitto con quello che una volta era il suo capo, il trafficante di droga Salvatore Puccinelli. Una faida che ha portato a 40 morti ammazzati in meno di due anni, scontri continui fra i clan, e la morte di una giovane vittima innocente: Fabio De Pandi, undici anni, ucciso da un proiettile vagante mentre tornava a casa con i genitori.
Nel giugno del 2016, nel corso di un’intervista rilasciata a “Vanity Fair”, Cristina Pinto, parlando di Perrella, afferma: “Mi piaceva il suo modo di fare, quando parlava di camorra gli si illuminavano gli occhi. Mario mi ha messo in mano quella calibro 38 e 500mila lire, che nel giro di pochi giorni sono diventate un milione alla settimana. Quando sparavo mi sentivo ancora più grande di quello che mi volevo sentire. Eravamo addestrati, come dei militari, quando sei nella camorra cambi tutto di te: il modo di parlare, di muoverti, di comportarti”.
Marilena Natale ha scelto di abbandonare la sala, seguita a ruota dalle sue colleghe, per dissociarsi dalla “dissociazione dal pentimento” esibita dalla Pinto, dinanzi a centinaia di giovani che troppo spesso manifestano segnali di “confusione e cedimento” dinanzi a certe “cattive interpretazioni” del fenomeno camorristico, soprattutto in chiave cinematografica. Emulare i boss e non condannare la malavita, in tutte le sue forme, giuridiche e non, davanti a delle menti acerbe e capaci di assorbire come spugne tutti i tipi di insegnamenti, risulta una pratica pericolosa, oltre che diseducativa. Lo sa bene la cronista che tutt’oggi combatte in una delle aree della Campania più sopraffatte dalla camorra e che ha più volte teso la mano ai ragazzi con i “cognomi pesanti” o con un passato difficile alle spalle, per aiutarli a costruirsi un futuro diverso ed onesto.
Il giorno seguente, martedì 31 ottobre, la figlia Cristina Pinto, ha rivolto una serie di insulti e minacce attraverso i social alla cronista casertana.
Repentina la replica della Federazione nazionale della stampa italiana e Sindacato unitario giornalisti della Campania che attraverso una nota “esprimono solidarietà alla collega Marilena Natale che, il giorno dopo aver abbandonato una manifestazione per la presenza di una ex camorrista mai pentita, ha ricevuto pesanti insulti sui social network dalla figlia della stessa camorrista. La collega Natale, già costretta a vivere sotto scorta per le minacce ricevute dalla camorra, ha il sostegno del sindacato dei giornalisti, che sarà al suo fianco anche nelle eventuali azioni che vorrà intraprendere in tutte le sedi, compresa quella giudiziaria”.