La notizia della morte della giornalista Daphne Caruana Galizia mi è giunta attraverso una telefonata da parte di un’anziana donna, una delle tante che vivono nei rioni popolari di Ponticelli, quelli che quotidianamente vivo e racconto. Una di quelle anziane donne che affettuosamente chiamo “nonna”. Una delle tante che si preoccupa per me e mi chiede sempre se ho fame o sete e se ho voglia di un caffè. E che, soprattutto, mi ricorda di stare attenta, di tenermi lontana da quelle “brutte facce” che non vedono di buon occhio il mio lavoro perchè “dalla gente cattiva, ti devi aspettare di tutto”.
“Hanno ucciso a una giornalista, hanno ucciso a una giornalista!” continuava a ripetere questa frase e non riusciva a dire altro, mentre piangeva. Le chiedevo di chi stesse parlando, ma non riusciva a ripetere altro. Piangeva, piangeva forte.
Quell’a reazione mi ha portato istintivamente a dedurre che stesse parlando di una giornalista campana e che potesse trattarsi di un agguato maturato proprio lungo le strade di Ponticelli, per questo una delle mie nonnine si era sentita in dovere di avvisarmi.
Ho subito cercato la notizia sul web e per ore non ho fatto altro, sperando che giungesse una smentita che sbugiardasse quella fake-news, ma così non è stato. E’ tutto vero: hanno ucciso una giornalista a Malta.
Daphne Caruana Galizia, donna, madre e giornalista di 53 anni ha perso la vita intorno alle 15 di lunedì 16 ottobre. Un’autobomba ha mandato in frantumi la sua Peugeot 208 e la sua vita: tanto è bastato per togliere di mezzo una “giornalista scomoda” che con le sue inchieste ha contribuito e non poco a far luce sugli intrighi internazionali che ruotano attorno all’isola di Malta.
Il corpo carbonizzato è stato trovato a pochissima distanza da casa di Daphne, a Bidnija. È stato il figlio Matthew la prima persona a giungere sul luogo dell’esplosione, mentre l’auto era ancora in fiamme. Aveva paura Daphne: 15 giorni fa aveva depositato una denuncia, dopo aver ricevuto minacce di morte. “Ci sono criminali ovunque si guardi adesso, la situazione è disperata”: questo il contenuto dell’ultimo post che ha pubblicato sul suo blog, mezz’ora prima di morire.
Una morte che ha scosso le coscienze di tutti, perchè non ha una collocazione geografica, ma viene percepita come una ferita collettiva.
“Non sono ben visti i giornalisti, da quelli che fanno cose “non buone”, ma anch da quelli che pensano che sono delle persone che vengono pagate per farsi i fatti degli altri. Non tutti capiscono che lavorano per il bene di tutti e rischiano la vita per portare avanti ciò in cui credono e può succedere anche che vengono uccisi, com’è successo a questa signora. I camorristi pensano che come loro sono pronti a morire per portare avanti ciò in cui credono, così è anche per le guardie e per i giornalisti e per tutti quelli che decidono di seguire una certa strada.
Alcuni di quelli che fanno cose “non buone” e vivono qua si sono messi a ridere quando hanno sentito questa notizia e la commentavano mentre si bevevano un caffè al bar, anche sbuffando, perchè dicono che quando muore qualcuno come questa giornalista li fanno diventare martiri, mentre la povera gente che muore tutti i giorni nessuno la pensa, ma la
maggior parte delle persone, invece, ci è rimasta male. Come se fosse un fatto che è successo qua e non in un altro Paese. Non è vero che tutti quelli che vivono nei posti in cui c’è la camorra, ragionano allo stesso modo: i camorristi pensano che chi “fa la spia” se lo deve aspettare che muore ucciso, quindi questo vale anche per i giornalisti. Nel loro caso è anche peggio, perchè possono far sapere quello che raccontano a tante persone. Le persone che non possono scegliere dove vivere, ma scelgono di non vivere seguendo le regole della camorra, invece, sono stanche di subire e di pensare che il mondo lo comandano i violenti e che alla fine sono sempre le persone che fanno cose “non buone” a spuntarla.
E’ brutto pensare che una persona può morire così. A due passi da casa sua, solo perchè è una persona che fa “cose buone” e non ha paura di raccontare la verità.
E’ brutto pensare che un ragazzo corre perchè sente il rumore di un’esplosione e quando arriva vicino alla macchina della madre, capisce che l’hanno uccisa.
E’ brutto pensare che scrivere qualcosa che può dare fastidio a un altro ti può costare la vita.”
I ragazzi del Rione Conocal di Ponticelli