Ponticelli, oggi, è un quartiere totalmente controllato dal clan De Micco sotto il profilo camorristico e per quanto riguarda il business legato alle attività illecite: dallo spaccio di droga alla microcriminalità, senza trascurare la prostituzione, praticata da donne italiane presso le proprie abitazioni e che si sta rivelando un’attività che, di giorno in giorno, coinvolge sempre più donne che, per diverse ragioni, decidono di “mettersi in vendita”.
Per questo motivo, alle figure criminali estranee al clan dei “Bodo” e a quelle appartenenti ai clan rivali, non resta da fare altro che scegliere tra due possibili strade da imboccare: sottostare alla volontà dei De Micco corrispondendogli il pedaggio di una “tassa”, o meglio, di una tangente, quale prezzo da pagare per “svolgere quel lavoro” o prendere le distanze dal territorio di competenza del clan fondato da Marco De Micco e praticare attività illecite negli altri comuni dell’entroterra napoletano.
Gli altri due quartieri della VI Municipalità, Barra e San Giovanni a Teduccio, sono off limits per la stessa ragione, quindi, ai flussi camorristici emergenti tra le mura di Ponticelli, non resta che puntare i vicini comuni del vesuviano. Un fenomeno che, in prima battuta, aveva riscosso molto successo tra i pusher del Rione Conocal e del Lotto O, usciti con le ossa rotte dalla faida per il controllo del quartiere, proprio in seguito all’affermazione dei rivali del clan De Micco e che pertanto avevano trasferito i loro affari in comuni come Cercola e Torre Annunziata.
La cronaca recente ripropone questo modello in termini di riorganizzazione delle attività criminali da parte di figure camorristiche del quartiere Ponticelli, per effetto dei 4 arresti maturati all’alba di domenica 24 settembre, al culmine di un’operazione condotta dal reparto di Polizia investigativa del commissariato di Ponticelli e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.
Le indagini della polizia investigativa hanno intercettato l’insorgenza di un nuovo focolaio camorristico che dal quartiere più densamente popolato della città di Napoli stava cercando di affondare le grinfie sui comuni del vesuviano.
In particolare, gli agenti impegnati in quest’indagine hanno scoperto un giro di estorsioni ai danni di commercianti ed imprenditori di Sant’Anastasia. Le manette sono scattate per quattro pregiudicati: Massimiliano Baldassarre detto “a serpe”, 41enne napoletano già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, Francesco Sebeto, soprannominato “zainetto”, anche lui napoletano di 41 anni, Fiorentino Eduardo Mammoliti, detto “fiore” 24 anni, napoletano, e Antonio Sbrescia detto “a cattiveria”, 26enne di Pollena Trocchia. Il gruppo criminale stava tentando di imporsi per il controllo del malaffare, nella cittadina di Sant’Anastasia, determinante ai fini del buon esito dell’operazione, la denuncia di un imprenditore vessato dalle richieste estorsive.
La vittima ha infatti collaborato con le forze di polizia, riferendo quanto stesse accadendo nel comune anastasiano.
Durante le indagini avviate in seguito alla denuncia dell’imprenditore sono emersi altri elementi che hanno chiarito il modus operandi della banda che sottoponeva a minacce costanti i commercianti e gli imprenditori finiti nel loro mirino, attuando una vera e propria strategia intimidatoria che prevedeva inseguimenti lungo le strade cittadine, senza tralasciare i colpi d’arma da fuoco esplosi contro l’auto dell’imprenditore che ha raccontato agli agenti quanto stesse accadendo. Un raid intimidatorio consumato a suon di proiettili voluto per “punire” quell’atto di ribellione al ricatto estorsivo che gli veniva imposto.