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VIDEO- Termina con una visita alla tomba di Don Diana la terza edizione della Summer School Ucsi di giornalismo investigativo

Redazione Napolitan di Redazione Napolitan
25 Settembre, 2017
in Arte & Spettacolo, In evidenza
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https://www.napolitan.it/wp-content/uploads/2017/09/unnamed-5.mp4

imageE’ terminata con la visita alla tomba di Don Peppe Diana la terza edizione della Summer School Ucsi di giornalismo investigativo dal titolo “Ucciso perchè solo”, patrocinata anche dall’Ordine dei giornalisti della Campania, dal sindacato dei giornalisti nazionale e regionale FNSI e SUGC, dalla Fondazione POLIS e dall’Università di Caserta Luigi Vanvitelli, svoltasi a Casal di Principe dal 22 al 24 settembre.

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Una visita giunta al culmine di una tre giorni intensa di dibattiti ed approfondimenti, conclusasi proprio con la sessione di approfondimento incentrata sulla figura del sacerdote di Casal di Principe ucciso in sacrestia, nel giorno del suo onomastico, il 19 marzo 1994. La vicenda di Don Diana è stata raccontata, approfondita e contestualizzata dalla senatrice Rosaria Capacchione, nonchè inviata de “Il Mattino” negli anni “d’oro” della camorra casalese, Augusto Di Meo, fotografo e testimone dell’omicidio di Don Diana e Raffaele Sardo Giornalista “La Repubblica”. Un ricordo tutt’altro che banale, costruito da parole tutt’altro che dettate dalla casualità e della retorica, quello che proposto dalle voci intervenuti durante l’appuntamento conclusivo di domenica 24 settembre. La visita alla cappella della famiglia Diana, dove sono custodite le spoglie del sacerdote ucciso dalla camorra, nel cimitero di Casal di Principe, è stata la più solenne coronazione di un evento al quale va attribuito l’importante merito di aver acceso, tra le tante cose, un illustre faro sulla legalità, in una terra che, in barba alle apparenze, ha perennemente bisogno di nutrirsi di questi ideali e valori.

Tre giorni ricchi di interventi e ricordi che hanno riacceso i riflettori sulle storie di persone che hanno scritto la storia del nostro Paese: oltre a Don Giuseppe Diana, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; Enrico Mattei; Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli.

Tantissimi gli aneddoti, ma soprattutto le ricostruzioni di fatti, legati alla nascita del pool antimafia che istruì il primo processo contro Cosa Nostra e che vide in Giovanni Falcone un grande protagonista di un percorso che ha segnato la storia e la coscienza sociale del nostro Paese. Giovanni Falcone, il suo lavoro e anche preziose perle di umanità estrapolate da stralci della sua vita quotidiana, sono state consegnate alla platea del Teatro della Legalità da: Giuseppe Ayala, Pubblico Ministero durante il Maxiprocesso di Palermo a Cosa Nostra, Claudio Martelli, ministro di Grazia e Giustizia nel Governo Andreotti e promotore con Giovanni Falcone della Procura nazionale antimafia, Leonardo Guarnotta, Giudice istruttore del Maxiprocesso a Cosa Nostra, Francesco La Licata Inviato “La Stampa”, Antonio Roccuzzo Caporedattore ”La 7”, Toni Mira Inviato “Avvenire”.

Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli: due giornaliste italiane uccise all’estero, due morti intorno alle quali si delineano degli scenari diversi, approfonditi dai giornalisti Leonida Reitano, Presidente ”Associazione Giornalismo Investigativo”e Luciano Scalettari ,Vicedirettore “Famiglia Cristiana” e il giornalista inviato di guerra Fausto Biloslavo. I depistaggi e le novità recenti, emerse intorno all’omicidio della giornalista Rai assassinata a Mogadiscio insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin, hanno trovato ampio respiro, proprio negli stessi giorni in cui intorno al desiderio di giustizia e verità, che tutt’oggi vive nei cuori degli ormai anziani genitori di Ilaria Alpi, aleggia il fantasma dell’archiviazione. Analoga sorte per Maria Grazia Cutuli, giornalista de “Il Corriere della Sera” assassinata in Afghanistan nel 2001. Ad annunciarne la morte fu proprio Fausto Biloslavo, presente anche lui in terra afgana in veste di inviato Mediaset e pertanto capace di fornire una meticolosa ricostruzione di quei giorni e di quei momenti, oltre che una testimonianza molto realistica e ben focalizzata sul ruolo dell’inviato di guerra.

Enrico Mattei, fondatore di Eni, è un personaggio chiave della storia italiana:  fu assassinato, l’aereo su cui viaggiava precipitò la sera del 27 ottobre 1962 a Bascapé, alle porte di Milano, fu sabotato. Il suo caso insabbiato, i testimoni messi a tacere, come hanno riferito Lorenzo Calò, Caporedattore “Il Mattino” Caserta; Enzo Calia, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano e Sabrina Pisu, inviata “Euronews”.

Fu proprio Calia a dimostrare che l’esplosione che abbatté il bimotore Morane-Saulnier su cui viaggiavano il presidente dell’ENI, il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista americano William McHale fu causata da una bomba collocata nel carrello d’atterraggio del velivolo. Le prove contenute nelle 208 pagine del fascicolo dimostrano anche che l’inchiesta del 1962, presieduta dal generale dell’Aeronautica Ercole Savi, conclusasi dichiarando l’impossibilità di “accertare la causa” del disastro, fu in realtà un insabbiamento.

Delitti di stampo mafioso, omicidi eccellenti tuttora avvolti nel mistero, profonde ferite che hanno segnato il corso della storia moderna, alle quali l’assenza dei tasselli “verità” e “giustizia”, impedisce alle cicatrici di rimarginarsi e rende la morte violenta alla quale sono andate incontro quelle vite

Tags: casal di principedon giuseppe dianagiornalismo investigativoGiovanni Falcone e Paolo Borsellino; Enrico Mattei; Ilaria AlpiMaria Grazia Cutulisummer school 2017ucciso perchè solo
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