“Voleva convincermi ad uccidere i miei genitori” questa la versione dei fatti che nel corso dell’interrogatorio il 17enne avrebbe cercato di addossare Noemi Durini, la 16enne, nonchè sua fidanzata che ha ucciso e poi nascosto in un pozzo a Specchia, in Salento.
Il movente proposto dal giovane, quindi, sarebbe sventare il piano per l’uccisione dei suoi genitori che la ragazza stava architettando.
L’ha uccisa con un coltello, arma che, sempre secondo la versione fornita dal giovane, sarebbe appartenuta alla ragazza. Tale particolare è stato confermato dal primo esame esterno, effettuato dal medico legale. Subito dopo l’uccisione dei componenti della famiglia di lui, i due – sempre secondo il racconto dell’omicida reo confesso – avrebbero progettato di fuggire a Milano e a prova di quanto da lui detto, il giovane ha affermato agli investigatori che avrebbero potuto trovare sotto il suo letto una lista di numeri di telefono di luoghi a Milano dove poter dormire. La nuova versione dei fatti fornita dal ragazzo potrebbe essere una strategia difensiva messa in atto dagli avvocati, finalizzata a smorzare le proprie colpe, addossando a Noemi la responsabilità di un piano omicida che il fidanzato avrebbe cercato di sventare.
Il diciasettenne arrestato è noto per essere un ragazzo violento. Nonostante la giovane età è già stato in cura al Sert per uso di droghe leggere, aveva subito tre trattamenti sanitari obbligatori in un anno e aveva qualche guaio con la giustizia. Pur non avendo la patente, guidava regolarmente la Fiat 500 della madre, fatto di cui si vantava con gli amici. Non riusciva a controllarsi, era irascibile con tutti, anche con la sua fidanzata, che avrebbe picchiato diverse volte perché geloso e possessivo. Qualche settimana fa il ragazzo era stato denunciato alla Procura per i minorenni dalla mamma di Noemi, Imma Rizzo. La donna chiedeva ai magistrati di intervenire per far cessare il comportamento violento del ragazzo e per allontanarlo dalla figlia.
Possessivo e geloso, il 17enne non voleva che Noemi vedesse altre persone, la picchiava: queste le testimonianze di amici e parenti della giovane, uccisa a 16 anni dal suo fidanzato. L’unica conseguenza che ha prodotto la denuncia della mamma della 16enne è stato un inasprimento dei rapporti tra le famiglie dei due fidanzati.
La famiglia del fidanzato di Noemi Durini avrebbe denunciato la ragazza per atti persecutori nei confronti del giovane. La denuncia, secondo quanto si apprende, sarebbe stata fatta alcuni mesi fa e 15-20 giorni dopo quella presentata invece dalla madre di Noemi.
La madre di Noemi nella denuncia accusava il ragazzo di lesioni nei confronti della figlia. Il referto medico allegato parla di una prognosi di 2-3 giorni per un colpo al volto.
La prima commissione del Csm ha chiesto l’apertura di una pratica per chiarire se ci siano state o meno inerzie relative alle denunce della madre di Noemi contro il fidanzato della figlia. Anche il ministro della Giustizia Orlando sembra aver preso provvedimenti. Secondo quanto si apprende avrebbe infatti avviato accertamenti preliminari sulla Procura dei minori di Lecce che ha ricevuto le denunce.
Dopo l’interrogatorio dei carabinieri, il 17enne reo confesso è stato trasferito in una casa “protetta”. All’esterno della caserma il ragazzo ha sorriso e fatto smorfie alle persone che lo attendevano.
Ha rischiato il linciaggio il 17enne reo confesso dell’omicidio della sedicenne Noemi Durini quando, nella notte del 14 settembre, è uscito dalla sede della stazione carabinieri di Specchia dove è stato ascoltato per molte ore.
All’uscita della stazione dei carabinieri il giovane si è reso protagonista di atteggiamenti di sfida verso la folla che lo aspettava all’esterno. Ha alzato le mani in segno di saluto, ha sorriso e fatto smorfie alle persone che gli fischiavano contro e lo insultavano.
Ad attenderlo c’erano oltre un migliaio di persone, soprattutto giovani, che si erano radunati in via Giovanni XXIII, dove ha sede la stazione dei carabinieri. Il 17enne, nei confronti del quale da oggi c’è un provvedimento di fermo del pm con l’accusa di omicidio volontario, col cappuccio della felpa sulla testa, ha sorriso, sfidando la gente e provocando la reazione dei presenti che hanno tentato di aggredirlo nonostante il cordone di sicurezza. Il giovane è stato fatto salire a fatica su un mezzo dei carabinieri ed è stato poi condotto presso la compagnia dei carabinieri di Tricase in attesa di essere portato in carcere.