Napoli, 14 settembre 1990 – Paolo Longobardi è un bambino di 8 anni, ucciso dalla camorra perché figlio di un uomo vicino ad un clan finito al centro di una sanguinaria faida. Una lotta cruenta di cui il piccolo Paolo è la cinquantasettesima vittima in meno di due anni.
Una condanna a morta impartita dal carcere, quella che ha trucidato la vita di Paolo Longobardi e suo padre Antonio, massacrati con quattro colpi di fucile automatico da caccia.
Con la morte del piccolo e di suo padre, il numero delle vittime sale a 57 in meno di due anni: questo il bollettino della guerra tra i clan D’ Alessandro e Imparato, combattuta per il controllo del territorio di Castellammare.
I D’ Alessandro e gli Imparato ammazzano un uomo e chi gli sta vicino, chiunque esso sia e qualunque età abbia, solo perché magari è amico di un amico del clan avversario: questa la logica che alimentò quella mattanza.
Sia Imparato che D’ Alessandro, rispettivi reggenti degli omonimi clan, non potendo arrivare l’ uno all’ altro, fanno terra bruciata intorno al proprio nemico.
Per uccidere il piccolo Paolo e suo padre, il killer si era appostato sotto un ciliegio del giardino, a nemmeno venti metri di distanza dalla camera dove il bambino e suo padre erano appena entrati per cambiarsi d’abito. Una camera piccola, dove spogliarsi e rivestirsi si poteva fare solo a stretto contatto. Erano da poco passate le 21. E’ bastato che la luce s’ accendesse, è stato sufficiente vedere un’ ombra perché l’ assassino premesse il grilletto. Quattro rose di pallini in acciaio supercorazzato, quelli usati per la caccia al cinghiale, per essere sicuri di non commettere errori. Paolo era così vicino al padre che non poteva non essere colpito.
Non sapremo mai se Paolo è morto per errore o se chi ha sparato ha ricevuto il preciso ordine di uccidere anche il piccolo.
Antonio, il padre di Paolo, poteva essere ucciso con facilità: ogni giorno usciva alle quattro del mattino per spazzare le strade del suo paese. Invece gli hanno sparato a casa sua proprio per dimostrare quanto sono forti, per inviare un segnale preciso alla controparte. Un segnale di forza, oltre alla consapevolezza che i cecchini del clan rivale possono colpire dove vogliono e quando vogliono. Colpiti alla testa e al torace, Antonio e suo figlio sono morti durante la corsa dell’ambulanza verso l’ospedale.
Quel lavoro da spazzino, Antonio lo aveva ottenuto appoggiando la candidatura a sindaco di un uomo vicino al clan D’Alessandro, per questo stesso motivo è finito nel mirino dei killer del clan rivale.
In quella modesta casa situata ai piedi del monte Faito, resta solo Anna Maria, madre e moglie delle due vittime, rimasta sola, improvvisamente.
Paolo amava le macchinine, gli animali e le favole, il giorno prima di quella tragica fine si era fatto comprare dal padre “Le avventure di Pinocchio”.
Pochi giorni dopo sarebbe tornato tra i banchi per iniziare un nuovo anno scolastico, avrebbe frequentato la terza elementare e invece la sua vita si è bruscamente interrotta quella sera, per volere della camorra.