Pietro Costa, il 32enne carabiniere originario di Palermo, accusato insieme al collega Marco Camuffo dello stupro di due studentesse americane a Firenze, ha fornito la sua versione dei fatti.
Anche il 32enne, come ha fatto il suo collega, ha ammesso di aver consumato un rapporto sessuale con la giovane, ma asserisce che la donna era consenziente.
Camuffo aveva affermato di “essersi lasciato coinvolgere” da quella giovane, mentre Costa, secondo quanto riportato da “Il Messaggero”, avrebbe ammesso “un errore”, ma non la violenza, aggiungendo: “Lei era d’accordo, anzi per dire tutta la verità, tutte e due erano d’accordo. Sono state loro a insistere per farci salire a casa”.
Come il collega anche Costa nega di essersi reso conto che la ragazza 19enne di origini peruviane fosse ubriaca, nonché stordita dall’hashish. A far vacillare la tesi dei due Carabinieri ci sono tuttavia i test effettuati in ospedale poche ore dopo quanto avvenuto nel palazzo nel centro di Firenze, dove i militari in divisa avevano riaccompagnato le due ragazze, conosciute in discoteca, dove erano intervenuti per sedare una lite.
Tanti i lati oscuri della vicenda, in primis, quel buco nero di un’ora, ancora tutto da chiarire: le videocamere poste nei pressi del palazzo, infatti, testimoniano che l’auto di pattuglia è rimasta sotto la casa delle due ragazze fino alle 3.13, ma non è poi chiaro dove sia andata dopo essersi allontanata.