Ottaviano, 13 settembre 1978 – Pasquale Cappuccio, avvocato e Consigliere comunale socialista, viene ucciso.
Il Consigliere denuncia più volte la collusione della malavita con la politica in riferimento ad appalti e speculazioni edilizie volute da Cutolo e appoggiate dall’ex sindaco di Ottaviano, ex assessore provinciale, ex socialdemocratico tra i più votati in Italia, prima di essere stato espulso dallo stesso, Salvatore La Marca.
Il 13 settembre, il feroce agguato: Cappuccio è crivellato di colpi da un commando di killer mentre tornava a casa.
I killer hanno atteso che fosse in auto, l’avvocato Pasquale Cappuccio. Accanto gli siede la moglie, Maria Grazia Ianniti, che nutre un forte senso di orgoglio per quel marito che, da politico socialista, non aveva accettato di entrare a far parte del sistema e che aveva dichiarato guerra al più temuto boss dei tempi, Raffaele Cutolo, vertice della Nuova camorra organizzata. Ma quello che sente Maria Grazia non è solo orgoglio.
C’è anche paura perché chi denuncia speculazioni edilizie e infiltrazioni negli appalti si sa che fine rischia di fare. E quella facile profezia diventa realtà il 13 settembre 1978 a Ottaviano, dove Pasquale fa il consigliere comunale dalle fila della minoranza e dove c’è il suo studio legale. I sicari, quando aprono il fuoco, puntano su di lui, ma se anche Maria Grazia dovesse essere colpita per loro non sarebbe un problema. E lei viene ferita, per quanto in modo leggero. Per Pasquale, invece, non c’è scampo.
L’avvocato Cappuccio la passione per la politica ce l’aveva dentro da sempre. Era un galantuomo che nei principi del socialismo continuava a crederci, nonostante i mutamenti dei tempi che il partito subiva. E proprio in base ai quei principi aveva aperto le ostilità politiche contro il sindaco socialdemocratico Salvatore La Marca, che alle elezioni di voti aveva fatto il pieno. Ma per Pasquale non importava quanto potente o supportato fosse il primo cittadino di Ottaviano, poi incriminato e assolto dall’accusa di essere stato il mandante del delitto
In quell’occasione Francesco De Martino rimise la toga per assicurargli giustizia e sostenere gli interessi della famiglia al fine di difendere la sua memoria.
La Marca è accusato di esserne il mandante, ma inquisito durante il maxi-blitz anticamorra dell’ 83, si rende latitante.
I giudici lo assolsero poi con formula piena.