Un incubo senza fine quello delle notizie che narrano di violenze sessuali che impietosamente si susseguono negli ultimi tempi. Un fenomeno tristemente consueto, in molti fanno notare, sottolineando l’esistenza di una miriade di stupri che si consumano in silenzio, lontano dai riflettori mediatici e talvolta senza che nemmeno la vittima sporga denuncia.
Eppure, quella che sta travolgendo l’Italia dalla macabra notte di Rimini, quando un branco ha assalito in spiaggia una turista violentandola ripetutamente a turno, per poi accanirsi su una prostituta transessuale poche ore dopo, sembra un’ondata di violenza senza fine.
L’ennesimo caso che ha lasciato sbigottita l’opinione pubblica si è verificato a Roma, intorno alle quattro di notte tra venerdì 8 e sabato 9 settembre, in via Monzambano a cento metri da via Palestro, fra la stazione Termini e Castro Pretorio, nel centro di Roma.
Una vicenda inverosimile, perchè è la cronaca di una violenza sessuale che poteva essere evitata, se alle richieste di aiuto di chi ha udito le urla della giovane avesse fatto eco un tempestivo intervento delle forze dell’ordine, prontamente allertate.
Le urla di una ragazza, infatti, hanno richiamato l’attenzione dei residenti in zona che hanno fatto scattare l’allarme. Da una finestra si affaccia una coppia di anziani che telefona al 113, mettendo in allerta gli operatori, segnalandogli che dalla finestra della loro abitazione stavano assistendo ad uno “stupro in diretta”.
Iniziano venti minuti da incubo per una 20enne finlandese, violentata, colpita con una pietra e rapinata da S.K. un 22enne bengalese, che verrà poi arrestato nell’arco della giornata successiva.
L’aggressore è in Italia dal 2014 con un permesso umanitario e da qualche giorno lavora come lavapiatti in un ristorante.
La vittima è una ragazza ospite da un anno di una famiglia di Roma nord. Fa la baby sitter e impara l’italiano. Venerdì passa la serata allo Yellow Bar di via Palestro assieme a una connazionale e quando è quasi l’alba esce in strada alla ricerca di un taxi. A loro si avvicina il bengalese. Con la futura vittima ha scambiato qualche parola nel locale, uno dei ritrovi più noti degli studenti stranieri che vivono a Roma. S.K. orecchia la conversazione delle due e si offre di dare un passaggio con l’auto che in realtà non ha. La 20enne si fida sebbene l’amica si mostri diffidente. Ma le bastano pochi minuti per cominciare a capire. Il ragazzo prova a baciarla sul collo e ad abbracciarla mentre si incamminano. Lei si spazientisce: «Dov’è l’ auto, dove mi stai portando?».
L’aggressore la spinge contro un muro, la tiene ferma, raccoglie un sampietrino da terra e la minaccia per farla tacere: «Ti spacco la faccia, ti ammazzo!». Ma lei urla e qualcuno la sente e urla a propria volta di lasciarla stare. Il bengalese non desiste, anzi. La schiaffeggia e la colpisce al petto con la pietra che verrà poi ritrovata dagli agenti della squadra mobile. Lei è come paralizzata. Viene trascinata per qualche decina di metri a ritroso fino a via di Castro Pretorio, più esposta, ma meno frequentata. Al riparo di un bus parcheggiato nei pressi di un distributore, la ragazza viene infine violentata, presa a morsi, colpita ancora. Poco lontano c’è una caserma dell’esercito, ma neanche questo è un deterrente.
Il violentatore si mette in tasca anche 40 euro della vittima e poi si allontana di corsa. Lei, semi incosciente, torna dalla amica che ancora aspetta il taxi. Alle 5.10 parte una nuova chiamata di emergenza: «Hanno stuprato una ragazza, correte» mentre la 20enne viene accompagnata all’Umberto I. Il referto è inequivocabile e colpisce per brutalità anche il personale medico. Le indagini sono tempestive e la vittima riconosce l’aggressore dalle foto segnaletiche.
La polizia controlla i tanti ristoranti del quartiere piazza Fiume dove è segnalato e arresta il 22enne sul posto di lavoro, in via Piave. Il bengalese arrestato è in possesso di un regolare permesso di soggiorno per motivi umanitari e ha anche svolto diversi lavori nella capitale.
“E’ vero, ho avuto un rapporto sessuale con quella ragazza, ma lei era consenziente”. Lo ha riferito il 22enne bengalese finito in carcere con l’accusa di aver violentato e rapinato una coetanea finlandese in una strada poco distante dalla stazione Termini.
Il bengalese, che lavorava come cameriere in un ristorante, ha negato di aver abusato della donna. Il giudice non gli ha creduto e, oltre ad aver convalidato l’arresto, ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
È la seconda aggressione in poche ore nella Capitale. Alle 10.30 di mattina una turista americana si era salvata, grazie a un passante, dalle molestie di un ivoriano a Colle Oppio, sempre in centro. L’ottobre scorso, nello stesso quadrante di città, una turista australiana era stata stuprata da un romeno.