Un giovane di circa 30 anni, non residente in zona, ma che abitualmente si reca a Ponticelli in circumvesuviana per drogarsi, durante il pomeriggio di ieri, domenica 3 settembre, è stato protagonista di uno spiacevole episodio.
Come accade di consueto, quindi, era giunto nel quartiere della periferia orientale di Napoli per comprare il quantitativo di stupefacente necessario per appagare la dipendenza che tiene in ostaggio il suo corpo, la sua mente, la sua vita e tutto quello che possiede. Una storia comune a tante persone, uomini e donne, di qualsiasi etnia e ceto sociale, che, finiti nel tunnel della droga, non riescono a fare altro che vivere in funzione di quella logorante dipendenza.
Quanto accaduto durante il pomeriggio di domenica 3 settembre, stando alla testimonianza inviata alla nostra redazione da parte di un gruppo di ragazzi che era in attesa del treno sulla stazione della circumvesuviana di Ponticelli, ha indignato e scosso notevolmente le persone che hanno soccorso il giovane, in visibile stato di choc.
“Stavamo aspettando il treno per andare a fare un giro a Napoli– si legge nella ricostruzione dei fatti fornita dalla comitiva di ragazzi – quando abbiamo notato un uomo di circa 30 anni, ben vestito, dall’aspetto tutto sembrava, tranne che un drogato. Era in visibile stato di agitazione, piangeva, parlava tra sè e sè, abbiamo pensato che si stesse sentendo male e allora, tra l’indifferenza delle altre persone presenti, seppur non tantissime, abbiamo deciso di avvicinarlo per prestargli soccorso. E’ stato lui stesso a raccontarci quello che gli era accaduto, senza vergogna, senza inventare scuse e questo ci ha molto colpiti. Ci ha spiegato che aveva una vita normale, che proviene da una famiglia facoltosa e aveva un lavoro che ha perso proprio quando sono iniziati i suoi guai con la droga. I suoi genitori gli hanno tagliato i viveri e lui ben presto si è ridotto in miseria per appagare quella dipendenza. A Ponticelli ci è finito perchè degli amici tossicodipendenti gli hanno indicato quella piazza e tutt’oggi l’unico tratto del quartiere che conosce è quello che dalla stazione lo porta al supermercato della droga nel quale ormai si rifornisce abitualmente.
Dividersi le dosi, sprezzanti del rischio di contrarre malattie infettive, racimolare anche gli spiccioli per cercare di presentare ai pusher un quantitativo di denaro intorno al quale negoziare una trattativa: quel ragazzo ci raccontava una realtà brutale che ci ha lasciati senza parole. Moltissimi i ragazzi che rubano di tutto pur di accaparrarsi i soldi necessari per farsi, ma lui ci ha detto: “sono troppo buono, non so fare il ladro… sto facendo del male solo a me stesso” e così, pur consapevole di disporre dei soldi necessari per una sola dose, è arrivato a Ponticelli con la speranza di riuscire ad accaparrarsene almeno due. Sa di essere in “uno stato avanzato”, lo ha capito quando si è reso conto che ogni volta ha bisogno di quantità superiori di droga rispetto all’ultima volta che si è fatto. Il giovane ci ha spiegato che spesso i pusher “regalano” una dose ai tossici e si tengono in pegno carte d’identità o altri oggetti personali e per riscattarli i tossici devono poi corrispondergli un’adeguata ricompensa. Una sorta di gioco al rialzo dove vince sempre il banco. Così, il 30enne, dopo essersi sparato la prima dose, ha cercato di estorcerne una seconda, ma nulla è andato come aveva sperato: si è imbattuto in un violento litigio con i pusher e terminato con il pestaggio da parte del “capo” della piazza di spaccio che lo ha malmenato, nonostante il giovane faticasse a reggersi in piedi. Li ha implorati di dargli quella dose, ma non hanno voluto sentire ragioni.
“Il sabato e la domenica non vi posso dare niente…. tengo i carcerati… ve ne dovete andare“: queste le parole che il capopiazza gli ha urlato in faccia, prima di pestarlo, perchè con il casino che stava facendo stava rallentando il lavoro della piazza che di domenica è più frequentata di un centro commerciale. E, soprattutto, quel pestaggio al 30enne è parso una sorta di “punizione” per aver cercato di estorcere una dose senza poterla pagare, seppure in passato fosse accaduto in più di una circostanza che gli venisse concesso un “atto di fiducia”. “Lo fanno perchè devono spingermi sempre più in basso. Più sarò disperato e più sarò disposto a tutto pur di riuscire a farmi”. La lucida analisi di quel tossico ci ha sbigottiti, anche perchè la cosa più scontata del mondo era che ci chiedesse dei soldi per aiutarlo a raggiungere il suo obiettivo. Invece ci ha parlato, senza censure, quasi come se volesse insegnarci qualcosa. Qualcosa di veramente importante: non commettere i suoi stessi errori e tenerci lontani da certi brutti giri.
Dopo il pestaggio, il capopiazza, forse mosso dal senso di colpa o forse per disfarsene più rapidamente, ha ordinato ad uno dei pusher al suo servizio di accompagnarlo alla stazione.
Una volta giunto lì, il giovane ha iniziato a recriminare su quanto accaduto e la possibilità di interagire con qualcuno è come se avesse amplificato e velocizzato quel processo di “presa di coscienza” che gli ha permesso di mettersi a nudo davanti a noi.
Eravamo combattuti, non sapevamo cosa fare, se chiamare la polizia o il 118 o se addirittura raggruppare qualche soldo per permettergli di comprarsi quella dose che lo avrebbe calmato per un po’.
Il trentenne, invece, aveva le idee chiare: voleva andare via da lì il prima possibile e ci ha implorato di non allertare nè la polizia nè altri. “Quelli mi ammazzano!” gridava terrorizzato. Così, senza che neanche ce ne rendessimo conto, non appena è arrivato il treno, è sparito in un lampo, forse effettivamente allarmato dall’ipotesi che potessimo aver allertato le forze dell’ordine.”
All’indomani dell’accaduto, i ponticellesi che abitualmente frequentano la stazione e quelli che abitano in via Angelo Camillo De Meis riferiscono che non si tratta di un caso isolato: nella notte tra giovedì 31 agosto e venerdì 1 settembre, intorno all’una, sono stati costretti ad allertare il 118, affinchè venisse prestato soccorso a un tossicodipendente picchiato a sangue dai pusher. Extracomunitari, poveracci, disagiati, finiti nel baratro della droga e sprovvisti del denaro necessario per comprare gli stupefacenti utili a sedare quella compulsiva ed ossessiva dipendenza, non di rado, vengono brutalmente pestati dai pusher, infastiditi ed esasperati da quelle pressanti e disperate richieste, frutto di un mostro che loro stessi concorrono a generare e che rappresenta la fonte che alimenta le loro ricchezze.
Auto e moto di lusso, orologi e costosi accessori, vacanze in resort da sogno, abiti griffati, tutti gli sfarzi e gli eccessi di una vita agiata e all’insegna del lusso, grazie ai proventi che derivano dalle sofferenze di altre persone, su un fronte, sull’altro persone ridotte in miseria e che vanno incontro ad un illogico percorso di autodistruzione, perdendo tutto quello che hanno pur di appagare un bisogno fisico, finchè non giunge la morte, nella maggior parte dei casi attesa, in maniera più o meno consapevole, come una vera e propria liberazione.