Lo scorso 9 marzo la Camera dei deputati ha approvato all’unanimità la proposta di legge sulla protezione dei testimoni di giustizia.
Una figura controversa, accompagnata ancora da tante inesattezze ed imprecisioni, intorno alla quale c’è ancora tanto lavoro da fare.
Gennaro Ciliberto è un testimone di giustizia, uno dei tanti casi di cui i media si occupano una tantum e che nell’immaginario collettivo dell’opinione pubblica veste gli scomodi abiti dell’eroe, mentre, la definizione più congeniale sarebbe “un uomo che fa il suo dovere di cittadino onesto”.
Un uomo che conduceva una vita felice, un manager che guadagnava 60000 euro all’anno, inserito in uno dei più grandi sistemi di appalti in Italia, viaggiava molto e pesava 20 chili in meno. Lavorava principalmente in Lombardia e ogni week end rientrava a Napoli con l’aereo per stare con la famiglia.
Da quando è diventato un collaboratore di giustizia, la sua vita è radicalmente cambiata: ha cambiato nome, è costretto a mantenere rapporti superficiali con le persone che incontra per evitare che scoprano la sua vera identità, non ha amici, non ha un lavoro, le sue giornate sono monotone e piatte. Non può tornare a Napoli neanche per il funerale o il matrimonio di un familiare.
La sua compagna per ragioni di sicurezza non può lavorare, e sempre per lo stesso motivo ha dovuto iscrivere a sue spese il figlio in una scuola privata che non è in collegamento con l’anagrafe scolastica nazionale, perché la criminalità ormai ha i mezzi per rintracciarti ovunque.
Sono anni che chiede di lavorare anche gratuitamente nel settore degli appalti pubblici, ma nessuno gli offre una possibilità perché è quello che ha denunciato i camorristi, ma anche i colletti bianchi. Il paradosso poi è che Gennaro ha vinto un concorso con una pubblica amministrazione ma per questioni di sicurezza non gli hanno assegnato al nuovo incarico.
Gennaro Ciliberto è un testimone di giustizia, grazie al quale si sono apprese, con prove di rilievo al vaglio della magistratura, notizie su costruzioni e imprese edili con grandi finalità di lucro e scarso interesse per la perfetta realizzazione delle opere affidate.
Per molti anni, dopo le sue rivelazioni, Gennaro si è dovuto nascondere, ha dovuto vivere da fuggiasco, spostandosi di città in città, diffidando di tutti, diffidando di tutto e tutti e costretto a fare i conti anche con il diabete.
Il programma di protezione volto che tutela i testimoni di giustizia, dunque, sulla carta esiste, ma non riesce a garantire loro una vita normale.
“Dal 2011 vivo l’inferno di una vita non vissuta fatta di attentati da parte della camorra e di persecuzioni da parte dei colletti bianchi”: questo denunciò Gennaro, qualche tempo fa.
Un calvario che ha inizio nel 2010, quando Gennaro ha 37 anni e denuncia la camorra e la corruzione nelle grandi opere. Gennaro Ciliberto è stato responsabile della sicurezza nei cantieri di una ditta realizzatrice della costruzione e della manutenzione di varie opere autostradali in subappalto, ha denunciato corruzione nell’aggiudicazione di lavori, infiltrazioni mafiose ed anomalie costruttive.
Diventa, così, testimone di giustizia ed entra a far parte del piano di protezione.
È la “morte dei vivi”: questa, secondo Gennaro, la definizione più appropriata da affrancare all’esistenza di chi diventa un collaboratore di giustizia.
La moglie di Gennaro sta per mettere al mondo la loro secondogenita e hanno dovuto misurarsi on un altro spiacevole episodio.
Gennaro e sua moglie sono stati registrati in ospedale con il loro nome e cognome reale e non con una identità di copertura. E’ proprio il testimone di giustizia in programma di protezione da 4 anni a denunciare l’increscioso episodio.
“Siamo sottoposti al programma di protezione speciale e su di noi generalmente vegliano 3 uomini di scorta con auto blindata – racconta – abbiamo chiesto che la bimba potesse nascere nell’ospedale della regione limitrofa a quella in cui viviamo. Siamo stati autorizzati a farlo, ma ci siamo ritrovati senza alcun dispositivo di tutela e in ospedale abbiamo dovuto fornire i nostri dati per compilare la cartella clinica, non è stato oscurato nulla”.