“Poteva essere salvato!” O “poteva essere salvato?”
Affrancare il punto esclamativo a questa ipotesi, concorre ad accrescere rabbia e desiderio di giustizia, mentre il punto interrogativo lascia il campo aperto a qualsiasi risposta. Saranno le indagini della magistratura a decidere verso quale delle due opzioni verte la verità legata alle circostanze in cui è maturata la morte di un neonato nell’ospedale evangelico di via Argine.
La struttura ospedaliera di Ponticelli, in verità, molto spesso è stata oggetto di attacchi e contestazioni da parte di donne che hanno partorito lì e che lamentano un eccessivo temporeggiamento nel praticare il parto cesareo in condizioni di “criticità”. Moltissime le ragazze che stanno contattando la nostra redazione e che parlano di sofferenze lancinanti e parti traumatici a tal punto da indurre le neomamme a sprofondare in una profonda crisi depressiva post parto e a faticare notevolmente anche a godersi la gioia della nascita de figlio tanto atteso. Impensabile ripercorrere, anche solo mentalmente e verbalmente, quel trauma che, a fatica, tendono a rimuovere: e per questa ragione hanno scelto di non denunciare alle autorità quei possibili casi di malasanità, a loro dire, perfino difficili da provare, perché andando a ritirare le cartelle cliniche riscontravano l’omissione di alcuni “passaggi cruciali”.
Le stesse ragazze raccontano di un complice mix tra ignoranza della legge e quello stato emotivo traumatico e caotico che, in quei momenti, concitati e dolorosi, di certo non gli permetteva nemmeno di prendere in considerazione l’idea di denunciare.
“Forse avevano ragione loro, era così che doveva andare il parto, l’unica cosa che volevo era dimenticare presto tutto quel dolore, non solo fisico, ma soprattutto emotivo”: racconta una ragazza che a Villa Betania ha partorito 4 anni fa e che come molte altre che riferiscono di un’esperienza “poco felice”, non ha voluto altri figli. Il solo pensiero le getta in un profondo senso di paura, inquietudine e sconforto che fatica a passare anche abbracciando il proprio bambino.
La storia di Susy e Nicola, una truccatrice e un fotografo molto conosciuti e stimati dalla comunità dell’entroterra vesuviano, non ha precedenti e non può passare inosservata. Quelle ragazze, a differenza di Susy, hanno tutte avuto la gioia di essere dimesse dall’ospedale con il proprio bambino tra le braccia. Una gioia che a Susy è stata negata.
I due ragazzi, dopo aver atteso a lungo l’arrivo di un figlio, lo hanno perso tre ore dopo la nascita.
Susy e Nicola denunciano una gestione sbagliata del parto che ha provocato la morte del neonato, dal suo canto la direzione dell’ospedale difende a spada tratta l’operato dei medici.
Nel mezzo, la morte di un bimbino, tre ore dopo la sua nascita.
“Hanno fatto partorire mia moglie dopo 16 ore dalla rottura dalle acque e a distanza di quasi tre ore dall’aumento della febbre fino a 40° per un’infezione del liquido amniocentico che era ormai compromesso – racconta il papà del piccolo, Nicola Milano, secondo quanto riferisce il consigliere regionale, Francesco Borrelli – il bimbo non era nella posizione giusta per nascere, ma l’ostetrica continuava a insistere per il parto naturale fino a quando è arrivato un medico anziano che ha cominciato a gridare chiedendo un taglio cesareo immediato”.
“Non è stato mai effettuato il parto cesareo – precisa l’ospedale – Restiamo in fiduciosa attesa dei riscontri medico-legali convinti della correttezza del loro operato”.
Una vicenda piena di lacune che impongono di essere colmate: lo chiedono i genitori del bambino, ma anche gli abitanti di Ponticelli, indignati ed addolorati per quanto accaduto.
I ponticellesi, fin da quando è stata resa nota la vicenda, si sono stretti intorno ai due genitori segnati da questo prematuro ed atroce lutto e, attraverso i social, continuano a dedicargli pensieri e messaggi di vicinanza, cordoglio e solidarietà. Inoltre, continuano ad invocare a gran voce che sia fatta giustizia, auspicando prima nel licenziamento del personale medico responsabile di questo gravissimo fatto e poi nei provvedimenti previsti dalla legge e quindi dall’indagine in corso per accertare le responsabilità di colpa di quanti coinvolti in questa triste vicenda.