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25enne fatto a pezzi e nascosto in un garage di Ponticelli: la testimonianza di una transessuale

Luciana Esposito di Luciana Esposito
31 Luglio, 2017
in In evidenza
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25enne fatto a pezzi e nascosto in un garage di Ponticelli: la testimonianza di una transessuale
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ciro_guarente Il delitto agghiacciante attuato dal 35enne Ciro Guarente per togliere la vita a quello che stimava essere il suo rivale in amore, il 25enne Vincenzo Ruggiero, ha scosso notevolmente l’opinione pubblica.

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Guarente ha fatto a pezzi il corpo del giovane e ne ha nascosto i pezzi in un fondo presente all’interno di un garage preso in affitto in uno dei tanti rioni popolari di Ponticelli dall’omicida reo confesso e poi coperti con rifiuti e cemento.

Una vicenda raccapricciante e che, con il passare delle ore, si arricchisce di dettagli ed aggiornamenti che concorrono ad intristire la tragica morte di una giovane vita.

L’omicida e la vittima erano entrambi omosessuali, ma, seppure il movente passionale non conosca discriminazioni sessuali e razziali, il web e la stampa, stanno dando libero sfogo ad insulti, titoli, epiteti e pensieri non degni né confacenti ad una società civile.

Tantissimi i messaggi di protesta giunti anche alla nostra redazione, tra i quali riportiamo quello di Giusy, giovanissima trans napoletana indignata per quanto costretta a subire in prima persona, seppure estranea alle vicende di cronaca che collocano al centro della scena Heven Grimaldi, una transessuale come lei, legata sentimentalmente al carnefice ed amica della vittima.

“Prima di tutto, desidero rivolgermi alla stampa “sofisticata” che si serve di titoloni e belle parole per sbandierare democrazia ed emancipazione, si dice: “la transessuale”, “una transessuale”. Ci stiamo battendo per rivendicare il nostro status di donne e se vogliamo contribuire all’affermazione dei diritti civili nella nostra società, dobbiamo partire da questo: dobbiamo imparare ad usare gli articoli e i termini giusti.”

Inizia così, lo sfogo di una giovane che nella vita non si è mai prostituta e si dice frustrata da quell’etichetta che le trans faticano a scrollarsi di dosso, intenzionata a lasciare l’Italia alla ricerca di una vita meno vessata in un altro Paese: “Trans non è sinonimo di prostituta. Una trans è una persona normale, che può decidere di guadagnarsi da vivere facendo un lavoro normale, con l’aggravante che fa molta più fatica, rispetto ad altre persone a trovare qualcuno disposto ad assumerla, perché la nostra è ancora una società troppo piena di pregiudizi e tabù. E questa brutta vicenda sta facendo emergere il peggio del peggio del bigottismo e dell’ignoranza che dilagano in una società come la nostra che sostiene di essere civile, ma che non lo è affatto.

Se al posto di Heven ci fosse stata una donna a tutti gli effetti o se fosse stato omesso il dettaglio che è una transessuale, nessuno avrebbe rivolto insulti all’oggetto della disputa o si sarebbe sognato di accusarla di essere “la colpa” che ha fatto scaturire quell’omicidio, perché in quanto trans, deve essere per forza deviata sessualmente e assalita da perversioni, per cui non può essere in grado di intrattenere una relazione monogama e stabile con una persona. La colpa è sua, deve aver fatto per forza qualcosa che ha indispettito “l’uomo” che si è visto “costretto” ad uccidere il giovane rivale per mettere fine a quella storia. Queste sono le teorie e le frasi assurde che si leggono sui social e che vengono pronunciate in strada dalla gente. Oltre al linciaggio fuori luogo e vergognoso che sta subendo una persona che forse starà soffrendo più di chiunque altro per quanto accaduto a quello che era uno dei suoi più cari amici. Farà ancora più fatica ad accettare che lo ha ucciso in quel modo atroce l’uomo che probabilmente amava e che dice di amarla e che in nome di quell’amore ha fatto qualcosa di ignobile. Si starà chiedendo se poteva evitarlo, se poteva intuire le intenzioni del suo compagno. E gli omofobi non perdono l’occasione per tacere, anche in una circostanza in cui l’omosessualità non incide affatto sulla vicenda. Non è l’identità sessuale di Heaven, della vittima e dell’assassino il movente dell’omicidio. E’ una delle tante, troppe vicende di cronaca in cui, per motivi di gelosia, un uomo uccide.

L’aspetto più grave della vicenda è la ferocia dell’omicidio, non l’omosessualità dei protagonisti.

“Delitto gay”: uno dei titoli più vergognosi della stampa, solo perché un omosessuale ha ucciso un altro omosessuale. Perché quando un etero uccide un etero non si precisa l’identità sessuale della vittima e del carnefice?

Qualcuno, gli esperti in sessualità e psicologia compresi, può essere in grado di dichiarare con assoluta certezza che se Ruggiero fosse stato eterosessuale, non avrebbe compiuto questo brutale omicidio per disfarsi del rivale in amore?

In queste ore di dolore, per i familiari della vittima che, a prescindere dalla sua identità sessuale, è stato ucciso nel fiore degli anni in un modo che nemmeno la più feroce delle bestie merita, dovrebbe prevalere il buon senso. Vincenzo, i suoi resti ritrovati in quel modo così agghiacciante, non meritano di essere dati in pasto agli squali.

Riflettete, prima di infliggere altre coltellate a quel corpo.

Riflettete, prima di accanirvi contro qualcuno solo perché è diverso.

Se c’è una cosa che questa brutta storia ci insegna è che la cattiveria umana non ha un’identità sessuale precisa: è uomo, donna e perfino gay.”

Tags: ciro guarentediritti civilidiritti gayheven grimaldilotto 10lotto 10 ponticelliomicidioOmofobiaomosessualità comunità lgbtpareterazzismotranstransessualevia edoardo scarpettavincenzo ruggiero
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