Torre del Greco, 28 luglio 2000 – Un uomo viene ucciso, barbaramente trucidato da una crivellata di colpi: fin da subito quel cadavere viene avvolto dall’ombra del racket.
Il movente che si cela dietro la morte di Giuseppe Falanga, un imprenditore edile di 47 anni ammazzato a Torre del Greco, appare subito chiaro. Falanga stava dirigendo i lavori di ristrutturazione di una palazzina all’interno di un parco nei pressi della litoranea, quando due killer gli hanno sparato. C’erano gli altri operai, c’erano le persone che abitano lì, ma la camorra, sprezzante di tutto e tutti, ha agito ugualmente.
A bordo di un ciclomotore e con i caschi in testa, gli emissari di morte di Falanga hanno varcato il cancello del parco “Merola” e percorso una breve discesa fino a un muretto dal quale si vede il mare. Lì c’era una palazzina circondata dalle impalcature di ferro che gli operai avevano fissato per lavorare sulla parete esterna. Giuseppe ha scorto i due sicari quando ormai era troppo tardi per scappare. L’ imprenditore ucciso abitava in una zona isolata, un posto dove nessuno avrebbe visto niente se gli avessero teso un agguato. Invece, hanno voluto ammazzarlo davanti a più gente possibile. Un chiaro segnale da parte della camorra: una punizione esemplare ha più effetto se vi assistono in tanti, se la voce corre in paese, se diventa il fatto del giorno. L’impresa di Falanga non era grande. Aveva vinto qualche gara bandita dal Comune, ma l’attività era piuttosto limitata. Lui stesso dirigeva i lavori e vi partecipava in prima persona. Insomma, non era un imprenditore da appalti miliardari e ciononostante la camorra ha voluto dare un segnale preciso. Ha voluto che tutti vedessero quale destino si prospetta per chi osa opporsi alle angherie della malavita. Giuseppe Falanga, marito e padre di quattro figli, è stato riconosciuto vittima innocente della criminalità organizzata con decreto del Ministero dell’Interno.