In pieno giorno, in via Mastellone, arteria stradale di snodo tra i quartieri Barra e Ponticelli, spesso inondata da cumuli di rifiuti di ogni genere, da un furgone due persone provvedevano a gettare in strada grossi sacchi di spazzatura. Un uomo e una donna, entrambi di etnia rom, coadiuvati da un uomo di nazionalità italiana che supervisionava l’azione illecita dei due, il tutto avveniva sotto lo sguardo complice e impassibile degli automobilisti in transito lungo la stessa strada.
Rifiuti che in maniera indisturbata si addensano lungo una strada trafficata, mentre l’attenzione della collettività è riversata in via Angelo Camillo De Meis, dove era in corso un nuovo incendio che ha tenuto in apprensione non solo gli abitanti del Rione De Gasperi, fin troppo vicini al terreno dato alle fiamme, ma soprattutto i genitori dei bambini che si trovavano all’interno della scuola che ha rischiato di essere raggiunta dal rogo che alimentava l’ennesima e fitta nube nera.
Terreni inondati dai rifiuti nascosti tra fitti capannelli di sterpaglie ed erba secca ed incolta: l’habitat ottimale nel quale un incendio può trovare terreno fertile. Un modo “pratico” seppur altamente nocivo di smaltire i rifiuti.
Il Rione De Gasperi un tempo era la roccaforte del clan Sarno, oggi è l’arsenale dei rom: sono loro i veri padroni del rione. Sono loro, nella maggior parte dei casi, a forzare le finestre degli alloggi murati a caccia di ferro, lamiere, rame, legno da rivendere. Sprezzanti del fatto che questo comporti perdite di acqua e persino di liquami difficili da tamponare e capaci di arrecare un dolo considerevole alle famiglie che “sopravvivono” nelle case ancora occupate, i rom sono a capo di un business che quotidianamente e a più riprese prevede lo smercio dei rifiuti nel De Gasperi. Continui gli sversamenti lungo quelle che vengono stimate essere delle vere e proprie discariche a cielo aperto che pericolosamente giacciono a pochi passi dalle abitazioni.
Perfino i coperchi dei tombini sono stati sradicati lungo i marciapiedi, creando delle pericolosissime e discretamente profonde buche che si annidano lungo una strada che collega il rione alle scuole e alla vicina via Bartolo Longo e pertanto percorsa abitualmente da tantissime persone e soprattutto dai bambini. Questi ultimi si vedono costretti a giocare tra aree “verdi” lungo le quali si annidano plurimi pericoli, non ultimo lo sversamento di botti già esplosi. Un modus operandi che da una parte vede lo smercio considerevole di rifiuti nelle “aree verdi” da diversi “imprenditori del riciclo”, italiani e rom, dall’altro il continuo sopraggiungere di rom che rovistano tra quegli stessi rifiuti a caccia di “buone occasioni” da riporre nei carrelli che li accompagnano nelle loro “incursioni nel supermarket della spazzatura”.
Un altro enigma inspiegabile è legato proprio ai cassonetti destinati alla raccolta dei rifiuti: un tempo, nello spiazzale che rappresenta il cuore degli ultimi isolati erano quattro, oggi, ne è sopravvissuto solo uno.