Scene surreali hanno contraddistinto il pomeriggio di domenica 16 luglio lungo le strade di Ponticelli: si faceva fatica a riconoscere il parcheggio che affianca la villa comunale, perennemente assediato dalle auto, così come la pista ciclabile, di consueto percorsa da centinaia di persone dalle prime ore dell’alba e fino al calar del sole.
L’alba del giorno dopo è segnata dall’odore acre del fumo che ancora insiste lungo le strade assediate dagli incendi, dai quali serpeggia ancora qualche timido capannello.
È lunedì e in via Califano, una delle strade più segnate dai raid incendiari messi a segno contemporaneamente nell’arco della tarda mattinata del giorno precedente, come di consueto accade, si è svolto il mercato rionale.
Moltissimi i commercianti che giunti sul posto, increduli dello scenario che si prospettava davanti ai loro occhi, hanno deciso di non occupare la loro postazione, rinunciando alla giornata lavorativa. Mentre altri, alcuni muniti di mascherina, hanno provato a resistere finché potevano.
L’odore del fumo, galvanizzato dalle forti folate di vento, rendevano l’aria ancora effettivamente irrespirabile. Come se non bastasse, un nuovo e timido incendio è divampato tra le sterpaglie della villa comunale, immediatamente sedato.
Doveva essere un fiore all’occhiello, il simbolo del riscatto e della riqualifica del quartiere e, invece, questo status la villa comunale di Ponticelli non l’ha mai pienamente conquistato. Tanti intoppi, tanti impedimenti, al pari dei buoni propositi messi sul tavolo dei “vorrei, ma non posso” da parte dell’amministrazione: l’incendio che ha mandato in fumo una fetta considerevole di verde sembra sottolineare proprio questo e concorre a gettare ancor più nell’incuria quel bene comune del quale i cittadini non hanno mai goduto appieno.
Ceneri e fiamme su un versante, ceneri e fiamme sull’altro versante. Nel mezzo, una lingua d’asfalto che stenta a proporre una scena di ordinaria normalità, come quella confacente ad un mercato rionale.
Il terreno divorato dalle fiamme domenica, la mattina seguente sbatteva in faccia alla cittadinanza una scena inquietante, degna di un campo di guerra. Montagne nere e fumanti, dalle quali fuoriescono i relitti del materiale che ha alimentato l’incendio: bottiglie di vetro, in una quantità degna del day after di un parco che ha accolto un rave party, gomme, copertoni, oggetti in ferro e metallo e soprattutto le lamiere e le reti di ferro che a quantità industriale sono state adoperate per creare baracche e pareti divisorie tra un terreno e l’altro. Ad onor del vero, va precisato che si tratta di un terreno espropriato sul cui effettivo utilizzo in quella veste tanto e sempre si è discusso.
Occupati abusivamente o legittimamente?
Era consentito e consentibile che tutto quell’ammasso di ferraglia andato in fumo avesse ragione di essere lì?
Nessuno può e sa stabilirlo.
O forse, fin qui, è mancata la volontà effettiva di farlo.
Gli aspetti che destano maggiore sconcerto, all’indomani del violento incendio domato quasi interamente dai coltivatori delle serre, per questo sopravvissute alle fiamme, sono due: la presenza di “rifiuti nuovi”, da un’eloquente buccia di banana fino a lattine e lamiere in alluminio che lasciano presumere che qualcuno rischia di riadattare quel terreno ancora fumante in una discarica a cielo aperto, accumulando altri rifiuti che potrebbero nuovamente alimentare fiamme dai contenuti altamente nocivi.
Inoltre, la presenza delle lamiere, indebolite dalle fiamme e penzolanti, rappresentano un effettivo pericolo per la collettività, soprattutto per le persone che stanziavano oggi nell’area adibita a mercato, ancor più in relazione alle forti folate di vento che avrebbero potuto distaccarle dai flebili orpelli ai quali restano timidamente aggrappate.
Perché nessuno ha ancora provveduto a mettere in sicurezza l’area e/o a sigillarla per evitare che chiunque possa depositare rifiuti di qualsiasi genere?
Quali saranno i provvedimenti che verranno adottati per riqualificare “realmente” la villa comunale?
E a quale destino andrà incontro il terreno che costeggia l’area che accoglie il mercato rionale il lunedì e il giovedì?
Intanto, inizia a delinearsi una sorta di identikit degli artefici dei raid incendiari che hanno letteralmente messo in ginocchio il quartiere durante una domenica “di fuoco” per molte aree della Campania.
Quattro persone, a giudicare dalla statura e dall’abbigliamento, piuttosto giovani d’età, che su due moto di grossa cilindrata e con i volti coperti da caschi e bandane, avrebbero appiccato gli incendi mettendo a segno un rapido “lavoro di squadra”, “lanciando qualcosa” nelle aree selezionate, senza nemmeno scendere dalle moto.
Questa la versione concordante fornita da diversi testimoni, residenti in prossimità delle aree colpite dagli incendi. Una versione che verosimilmente combacia con la modalità di propagazione delle fiamme che identificano il focolaio d’origine in aree che si trovano tutte in prossimità di tratti stradali. Complice il vento e la fitta presenza di erba secca e sterpaglie, oltre che di rifiuti e materiale facilmente infiammabile, le fiamme si sono poi propagate.
Chi è la mente che ha mosso quelle braccia, ordinando a quella squadriglia di mettere a segno otto mosse su quel ricco scacchiere che da diverse settimane continua a muovere ed aggiornare? Ammesso che dietro l’escalation d’incendi che stanno tenendo banco nelle “aree sensibili” della periferia orientale di Napoli, ci sia un’unica e solitaria mente.
Forse, non riusciremo a saperlo mai…