Napoli, 17 luglio 2000 – Due morti innocenti.
Gaetano De Rosa, 36 anni, viene assassinato a freddo da balordi che volevano portargli via la macchina e Carmela Scamaccia, una ragazza di 19 anni viene centrata al volto da un proiettile durante una lite condominiale: sono loro le vittime di una notte di violenza che fa tornare la paura a Napoli e nella sua provincia. Ma questa volta non è la camorra sanguinaria a disseminare morte e paura.
La fine ingiusta di un lavoratore che rincasava a fine turno e di una giovane operaia che ha avuto il torto di affacciarsi al balcone hanno a che fare con il male quotidiano, quello che arma la mano di due rapinatori e trasforma in omicida l’inquilino deciso a non cedere il posto auto.
Due episodi a distanza ravvicinata, maturati nella notte tra un un sabato e una domenica qualunque, ma non per le vittime, in paesi dell’entroterra napoletano che quasi si toccano. Tragiche storie diverse, ma un filo comune: la facilità con la quale si muore da queste parti.
Tra Villaricca e Marano, dove stava tornando a casa, è finita l’esistenza di Gaetano De Rosa, 36 anni, marito, ma non ancora padre. Una gioia negatagli per sempre dalla mano che lo ha ucciso. Maitre all’Holiday Inn, un albergo di Pineta Mare sul Litorale Domizio, stava rientrando poco dopo mezzanotte quando due balordi in motorino lo hanno affrontato per prendergli l’auto.
Corso Italia, una strada dritta che unisce Villaricca a Marano. Qui Gaetano De Rosa ha incontrato i suoi assassini: due ragazzi in sella ad uno scooter, che magari volevano soltanto mettergli paura, costringerlo a mollare senza storie la macchina. Pazzi e violenti, come i cani sciolti di periferia, quelli che non pensano prima di premere il grilletto. E’ finita così anche per Gaetano: quei proiettili hanno raggiunto al torace e all’addome l’uomo che forse aveva osato ribellarsi o forse non ne aveva neppure avuto il tempo. La sorte ha deciso che a soccorrerlo, inutilmente, fosse il fratello, Antonio, che vive nello stesso stabile di Gaetano e che lo seguiva con la sua auto. Ai carabinieri ha detto di essersi fermato lungo il tragitto per parlare con un conoscente, di aver poi sentilo gli spari e visto una persona riversa sull’asfalto: «Sono corso ad aiutarla, mi sono avvicinato e solo allora mi sono accorto che era lui, era mio fratello». Via, verso l’ospedale, ma neppure un intervento chirurgico ha potuto impedire il peggio.
Non lontano, a Casalnuovo, in un condominio di palazzine basse e dignitose, ha trovato la morte Carmela Scamaccia, 19 anni, operaia in una fabbrica di bomboniere, raggiunta alla testa da un proiettile mentre dal balcone cercava di capire quale esito avesse la lite tra la sua e altre due famiglie, in lotta per un posto auto conteso. A sparare, Vincenzo Caputo, 31 anni, carpentiere in una ditta romana, a casa ogni 15 giorni. Ha impugnato una pistola e si è messo a sparare, per poi darsi alla fuga con la giovane moglie e i due figli, una bimba di 5 mesi e un bimbo di 3 anni.
Licignano, frazione di Casalnuovo, un Comune a Nord di Napoli. E’ quasi 1′ 1 quando scoppia una lite furibonda che coinvolge tre nuclei familiari: ì Caputo, gli Scamaccia e i Di Micco. Motivo del contendere, un posto auto. Le cose degenerano presto, lo scambio di insulti e imprecazioni coinvolge dapprima i capi famiglia, poi via via figli e nipoti. E nel gruppo c’è anche Vincenzo Caputo, rientrato al suo paese da Roma, come fa ogni due settimane. Viene a dar manforte ai suoi, ma con una pistola calibro 7,65 in tasca. E quando la situazione si fa incandescente, tira fuori l’arma che possiede illegalmente, fa fuoco più volte puntando in aria per mettere paura ai rivali. Un gesto folle e violento che ha tragiche conseguenze. Affacciata, al balcone c’è Carmela, preoccupata per le grida e il trambusto. Cerca di capire che cosa succede a suo padre, un proiettile la centra alle labbra, si conficca nella testa. E’ già morta, quando l’ambulanza arriva in ospedale.