La notizia che nessuno avrebbe voluto dare, non appena si è appreso del crollo della palazzina a Torre Annunziata, all’alba di venerdì 7 luglio: non sono riuscite a salvarsi le 8 persone travolte dalle macerie.
Nulla da fare per le famiglie Guida e Cuccurullo che abitavano al terzo e al quarto piano della struttura. Ne’ per la sarta di 65 anni Pina Aprea che viveva da sola. L’unico a farcela, incredibilmente, è stato il canarino giallo di uno degli inquilini dello stabile. La cesta in cui si trovava gli ha fatto da scudo protettivo.
Questo il bilancio, triste e definitivo, del crollo della palazzina di Torre Annunziata. Anche l’ultimo corpo senza vita, quello del piccolo Salvatore Guida, 8 anni, è stato individuato dai vigili del fuoco che hanno scavato tra le macerie tutta la notte.
Nel crollo hanno perso la vita tutti i membri della famiglia Guida, con il padre, Pasquale, la moglie Anna Duccio, i figli Salvatore di 8 anni e Francesca di 11. Abitavano al terzo piano. Allo stesso piano abitava Pina Aprea, sarta di 65 anni che viveva da sola. Al quarto piano abitava invece l’architetto Giacomo Cuccurullo. Con lui hanno perso la vita la moglie Adelaide La Iola, detta Edy, e il figlio Marco, di 25 anni
Sette i corpi invece erano stati già estratti. Poco prima di trovare il bambino era stato recuperato il corpo senza vita della sorella Francesca. E ieri in serata è stato reso noto il messaggio del Papa giunto, attraverso il cardinale Parolin, al cardinale Sepe: “Profondo cordoglio ai familiari, fervide preghiere di suffragio per gli scomparsi. Bergoglio invoca “dal Dio della misericordia il conforto per coloro che soffrono per la perdita di persone care”.
Alla Rampa Nunziante si è scavato per tutta la notte e sono stati recuperati i corpi senza vita degli altri tre adulti seppelliti dalle macerie: si tratta di Pasquale e Anna Guida e di Giuseppina Aprea, che vanno aggiungersi a quelli dei coniugi Giacomo Cuccurullo e Adelaide Eddy Laiola e del figlio venticinquenne Marco.
Non avesse abitato lì, in quell’attico di via Rampe Nunziante dal quale vedeva il mare e la Costiera sorrentina fino a Punta Campanella, l’architetto Domenico Cuccurullo adesso starebbe esattamente lì, in via Rampe Nunziante, a coordinare i lavori per conto del Comune, lui che, ironia del destino, era un dirigente dell’ufficio tecnico, e i colleghi lo chiamavano «quello dei crolli», perché qualunque cosa del genere accadesse a Torre Annunziata – il cedimento di un vecchio stabile, uno smottamento del terreno, una frana – era di sua competenza. Andava sui posti, teneva i contatti con i Vigili del fuoco, e se c’era da firmare un’ordinanza di sgombero, oppure di messa in sicurezza sia per edifici privati che pubblici, se ne occupava lui.
Nella sua carriera professionale avrà controllato decine e decine di stabili, e quello che gli mancava era proprio il suo. Però una mezza idea in mente ce l’aveva: diceva che quel palazzo si trovava «in uno dei posti più incantevoli di Torre Annunziata», e che non lo si poteva tenere in quelle condizioni in cui mostrava tutte le rughe dei suoi sessanta e passa anni. Aveva preparato un progetto di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria e stava cercando di convincere tutti gli altri condomini a farsi carico con lui del costo dei lavori.
E’ morto così, anche lui, un architetto del comune che si occupava proprio di edilizia, la moglie e il figlio di ventisette anni che era rientrato a casa pochi minuti prima dello schianto, dopo la notte trascorsa con la comitiva di amici
Marco, il figlio di Giacomo, si sarebbe salvato, se solo si fosse intrattenuto qualche minuto in più a scambiare una chiacchiera con gli amici. Era tornato a casa poco prima delle cinque del mattino, magari si era addormentato da pochi minuti quando la casa gli è crollata addosso. Giacomo, come è normale per un papà, era orgoglioso di lui e anche della sua ragazza, Francesca. Aveva il cellulare pieno delle loro foto, ma anche di quelle della moglie, Adelaide, che lui chiamava Eddy. Una donna in gamba. Sindacalista della Cgil delegata ai rapporti con l’Ufficio scolastico, aveva tanta di quella grinta che per qualunque ricorso o contestazione il sindacato si affidava a lei.
L’elenco delle vittime si ferma a loro tre. Perché l’ufficialità conterà pure qualcosa e gli altri cinque sono nomi di dispersi. Giuseppina Aprea è un’altra che adesso potrebbe non stare sotto quelle macerie. Ogni mattina alle 7 usciva da casa e andava a fare jogging sulla litoranea. Si è sperato che ieri fosse uscita più presto, magari perché doveva cominciare prima a fare il suo lavoro di sarta nel laboratorio che aveva in casa. Ma no, Pina stava lì quando è crollato tutto. Lo conferma il nipote che l’ha cercata inutilmente per ore sul cellulare prima di rassegnarsi.
E poi c’è l’altra famiglia, quella di Salvatore Guida, l’ostricaro , come viene chiamato a Napoli chi vende i frutti di mare, di sua moglie Anna e dei loro figli Francesca e Antonio. Abitavano al terzo piano, e se i primi corpi ad essere recuperati sono stati quelli di chi occupava l’attico, loro probabilmente stanno proprio in fondo.