Le stese in pieno giorno, tra donne e bambini che scappano terrorizzati, i tatuaggi che diventano simbolo di devozione e servilismo al boss, al clan e alle ideologie camorristiche, le boss in gonnella che impartiscono consigli sulle armi e su come tagliare la droga: il Rione Conocal di Ponticelli ha accolto ed esibito, per diversi anni, tutti i tratti peculiari e distintivi della “camorra moderna”, quella che sa servirsi anche dei social per amplificare la risonanza degli “spot” utili a generare e consolidare l’affiliazione, oltre che per inviare messaggi espliciti ai clan rivali.
Bombe, pistole, e soprattutto “la fragola”: queste le emoticon che, per i ragazzi del Conocal, valgono più di mille parole. Quella fragola, sinonimo di “Fraulella”, – soprannome di Antonio D’Amico, boss fondatore dell’omonimo clan – affrancata a qualunque post pubblicato sui social, serve a rimarcare il senso d’appartenenza al clan.
Una fragola che significa “io sono uno di loro”.
Bambini costretti a giocare tra le piazze di spaccio a cielo aperto impostate dai clan e a destreggiarsi tra le armi e i giubbotti antiproiettile distribuiti lungo le scale dei palazzi-bunker del clan: si viveva così in uno dei più consolidati arsenali della camorra, fino a un anno fa.
“Non siamo più il rione delle stese e delle piazze di spaccio”: questa la voce che si solleva dai grigi palazzoni del Conocal, un anno dopo il maxi-blitz che sancì la liberazione del rione, facendo scattare le manette per 94 persone, portando allo smantellamento di 14 piazze di spaccio.
Un rione più in balia del degrado che della criminalità: così appare, oggi, il Conocal.
Regna una meritata quiete, lungo le strade dilaniate dalle stese, sia di giorno che di notte, e dal via vai di auto e motorini che giungevano da ogni zona della città per comprare droga, sia di giorno che di notte.
Un rione che fatica a scrollarsi l’etichetta di “terra di camorra”, come racconta un giovane che sostiene che si è visto negare la possibilità di lavorare come commesso in un negozio della Napoli bene, quando i titolari hanno appreso che viveva nel Conocal: “Per una questione d’immagine… sei un ragazzo di bella presenza, ti sai muovere e sai parlare, ma non possiamo rischiare che qualcuno possa “riconoscerti” o “scoprire” da dove vieni… dobbiamo tutelare la reputazione del nostro negozio.”
Un pregiudizio che si riversa direttamente sulle vite “pulite” che, loro malgrado o anche con orgoglio, vivono lì, fieri di camminare a testa alta e di poter dire che in certi giri e con certa gente non si sono mai invischiati. Uno stereotipo che pesa come una condanna non condonabile e che rischia di incidere, pesantemente e ingiustamente, sul futuro dei bambini di oggi, uomini del domani.
“È facile rimanere puliti, quando si cresce e si vive in un ambiente pulito. Il vero coraggio, la vera onestà è quella di chi cresce e vive in realtà imputridite dalla camorra, senza mai sporcarsi nemmeno le suole delle scarpe.”
Questa la voce che si solleva, oggi, dal Rione Conocal di Ponticelli.