Un epilogo drammatico al quale ha fatto seguito un risvolto tragico: questo è quanto accaduto a Eboli, lo scorso 17 giugno.
Protagonista della vicenda un uomo che non ha retto alla vista della sua abitazione recintata e pronta per la demolizione, è stato colto da un malore ed è morto.
L’uomo, Salvatore Garofalo, 64 anni, malato terminale, ex bracciante agricolo, viveva in una casa in via Antonio Caracciolo, località Campolongo, con la moglie, il figlio e i tre nipoti. Secondo il legale della famiglia, l’avvocato Damiano Cardiello, per evitare la morte dell’uomo “sarebbe bastato il buon senso”.
Cardiello ricostruisce all’AdnKronos la vicenda: “L’ingiunzione parte dal 2008 – spiega – e lo scorso 23 maggio è stato notificato l’ordine di sgombero della casa, da attuarsi entro e non oltre il 7 giugno. Il 27 maggio ho depositato un’istanza di sospensione della demolizione ma è stata rigettata. Il 7 giugno sono arrivati carabinieri e Polizia Municipale per lo sgombero e ho convinto la moglie a fare la demolizione in proprio per evitare le ruspe”.
La demolizione “sarebbe dovuta iniziare il 17 e la ditta incaricata ha iniziato a recintare la casa e ad installare il cartello di inizio lavori”. Vedendo tutto questo, però, Salvatore Garofalo non ha retto al dolore; nulla hanno potuto i sanitari del 118 intervenuti sul posto.
“Se si fosse attesa l’approvazione del ddl Falanga, ormai in dirittura d’arrivo – aggiunge l’avvocato – la casa di Garofalo sarebbe finita in coda in quanto abitata”.