Cava dei Tirreni, 29 maggio 1982 – Nel salernitano si respira un clima di forte violenza. Nel giro di pochi mesi sono state decine i morti ammazzati. Tutti per mano di un unico killer: la camorra. I moventi di tanti omicidi affondano le loro radici nella guerra degli appalti della ricostruzione, a perdere la vita, infatti, furono principalmente imprenditori e costruttori impegnati attivamente nella fase di ricostruzione post-sisma: Alfonso Rosanova, Gennaro Schiavo, Gennaro Califano e Nicola Benigno sono solo alcune delle vittime di questa sanguinaria guerra.
Consultando l’elenco delle vittime della camorra, tra i vari nomi di gente uccisa, che aveva direttamente o indirettamente a che fare con i loschi giri della malavita, configurano anche nomi di persone totalmente innocenti. Si tratta di coloro che in questa guerra ci sono finiti per pura fatalità. Nel fitto elenco delle vittime innocenti, figura anche quello di Simonetta Lamberti. Un omicidio che fece scalpore più di tanti altri per un motivo ben preciso: Simonetta aveva 11 anni quando fu freddata da un colpo di pistola. La vicenda fece rabbrividire chiunque e ancora oggi continua a destare commozione.
Era un sabato soleggiato, quel 29 maggio, quando il giudice Alfonso Lamberti si era concesso un paio di ore libere da trascorrere in compagnia della sua bambina. Insieme avevano deciso di approfittare della bella giornata primaverile per fare una passeggiata. Così da Cava dei Tirreni, dove abitavano, si erano recati a Vietri sul mare. Nel primissimo pomeriggio però la piccola Simonetta chiese al papà di ritornare a Cava, in quanto aveva appuntamento con la sua compagna di banco. Padre e figlia salirono quindi a bordo della Bmw di Lamberti. Di lì a poco scattò l’agguato ai danni del magistrato. l piano di morte pensato dagli aguzzini era il seguente: un’autovettura (una Bmw) con a bordo dei complici doveva trovarsi davanti alla Bmw di Lamberti, ai fini di bloccarne il passaggio, mentre una seconda automobile (un’Audi) posta alle spalle del magistrato, doveva materialmente uccidere la vittima designata, affiancandone la vettura e sparando una raffica di proiettili.
Così fu: erano le 15,30 quando, sulla SS 18 di Cava, il commando accerchiò l’auto del magistrato ed esplose una serie di proiettili in direzione della Bmw sulla quale viaggiavano Alfonso Lamberti e la figlia. Qualcosa dovette andare storto (forse il giudice proseguiva ad una velocità sostenuta che l’Audi a diesel non riusciva a mantenere) e un primo proiettile partì alle spalle dell’auto di Lamberti, forandone il lunotto posteriore. Ma i killer riuscirono ad accelerare la corsa, arrivando proprio all’altezza della fiancata. Da Questa posizione, per gli esecutori divenne tutto più semplice e nel giro di qualche secondo esplosero altri 6 colpi. Compiuto il piano, gli assassini si diedero alla fuga in direzione Nocera. All’indomani dell’agguato in un bosco a Materdomini di Nocera Superiore, fu rinvenuto lo scheletro di un’Audi bruciata, con ogni probabilità quella utilizzata dai killer, i quali sapevano che a bordo dell’auto del magistrato viaggiava anche la bambina, eppure non esitarono a sparare. Dall’agguato il magistrato uscì solo ferito: due colpi esplosi da una P38 lo ferirono alla spalla e solo di striscio alla testa. Ciononostante il bilancio di quell’attentato fu terribile: un proiettile colpì Simonetta alla tempia, provocandone la morte qualche ora dopo. I colpi dei killer avrebbero dovuto uccidere Lamberti. La piccola era seduta a fianco del padre quando un’Audi scura affiancò l’auto sulla quale viaggiavano per tornare a casa, dopo una spensierata e tranquilla passeggiata. Il cuore di Simonetta smise di lottare dopo le ore 20 di quel triste sabato di primavera.
Nelle ore che seguirono l’agguato, la ragazzina venne prima portata all’ospedale di Cava dei Tirreni e poi, vista la criticità della situazione, al Cardarelli di Napoli. Qui fu ricoverata presso il centro di rianimazione, con un delicato quadro clinico. Il proiettile che la raggiunse, perforò la tempia sinistra, attraversandole diametralmente la testa, uscendo dall’altra tempia. Questo causò una grave emorragia e dei danni irreversibili al cervello. La piccola cadde in coma profondo e, dopo disperati tentativi (tra cui trasfusioni di sangue e un intervento chirurgico), si spense a casa. Infatti, la famiglia, appreso che lo staff medico del Cardarelli non avrebbe potuto far nient’altro per salvare Simonetta, chiese e ottenne di portarla a casa con un’ambulanza, per lasciarle trascorrere gli ultimi attimi della sua breve vita tra le pareti della cameretta in cui sognava, studiava e giocava.
Alfonso Lamberti, all’epoca del tragico agguato, aveva 45 anni ed era procuratore della Repubblica presso il tribunale di Sala Consilina e docente di Storia del Diritto Penale presso l’università di Salerno. In quegli anni svolgeva il suo lavoro con determinazione e forza. Indagare per lui era una vera e propria vocazione, ma sapeva che infilare il bastone tra le ruote ai pesci grossi della camorra, impegnata nelle estorsioni e ad allungare le mani sulla grossa torta della ricostruzione del post terremoto dell’Irpinia, avrebbe potuto mettere la propria vita in pericolo. Soprattutto in seguito all’esecuzione di stampo camorristico del collega magistrato Nicola Giacumbi. Dopo quell’omicidio, ad Alfonso Lamberti venne assegnata un’alfetta blindata, che però proprio quel sabato di maggio non aveva ritenuto opportuno utilizzare. Lamberti, infatti, nel trascorrere una mattinata al mare con la figlia, non aveva fiutato alcun pericolo e scelse di prendere la propria automobile. Evidentemente questo abbaglio, solo all’apparenza irrilevante, dovette essere stato chiaro ai killer, che con ogni probabilità controllavano il magistrato.
Alfonso Lamberti nel corso dell’agguato fu ferito alla spalla sinistra e alla nuca. Fu dunque operato, ma lasciò l’ospedale appena seppe della tragica fine della figlia. Per conservare la memoria della piccola Simonetta, strappata alla vita e all’amore della famiglia, sono state organizzate diverse iniziative che la ricordano come la prima della lunga serie di baby-vittime della camorra. All’indomani dell’agguato, in suo onore, fu eretto un monumento, un cippo marmoreo spezzato realizzato grazie ad una spontanea sottoscrizione della cittadinanza, in seguito rimosso a causa dei lavori per alcune opere pubbliche e solo dopo circa 10 anni fu possibile ripristinarlo. Il 2 aprile del 1983 lo stadio di Cava dei Tirreni fu battezzato con il nome di Simonetta Lamberti.
A distanza di più di 30 anni, ancora si ignorano il nome e il volto dell’esecutore.