Dopo una lunga attesa il miracolo di San Gennaro si è ripetuto ancora una volta. Alle 20:04 di sabato 7 maggio, l’arcivescovo di Napoli, card. Crescenzio Sepe, ha annunciato che la liquefazione del sangue del martire si era verificata.
Poco prima il porporato aveva denunciato il male della mancanza di lavoro, specie per i giovani. Se non c’è occupazione, ha detto con forza e con dolore Sepe, non ci deve “meravigliare se nascono le baby gang e i baby boss” perché la malavita si insinua e recluta nuove leve.
Quello che è avvenuto oggi è il cosiddetto miracolo di maggio; la liquefazione del sangue del santo avviene anche il 19 settembre ed il 16 dicembre. E il ripetersi da secoli di questo prodigio viene letto come un segno di buon auspicio per un città, come ha denunciato dal cardinale Sepe, dove “un velo di tristezza sembra coprire strade e case” perché tante famiglie sono “senza reddito e senza pane” e tanti “giovani sono in attesa di un lavoro”. Per Sepe “è un delitto grave lasciare che si inaridisca una intera generazione di giovani senza lavoro o consentire che offerte di lavoro e proposte di arruolamento vengano dalla malavita”. Ed è un delitto “altrettanto grave farli studiare, farli specializzare, farli dottori di ricerca se poi non si offre loro sbocchi occupazionali“.
Ma a giudizio del cardienale “non dobbiamo poi sorprenderci se si disgregano le famiglie, se si riducono o falliscono i matrimoni, se c’è la denatalità e se si va delineando una società stanca ed invecchiata. Non dobbiamo allora meravigliarci e provare timore se nascono le baby gang e i baby boss, se le bande criminali si lottano e si distruggono nel tentativo di controllare il territorio”.
La Chiesa di Napoli però non vuole lasciare soli questi giovani, ha assicurato ancora Sepe, e “non si stancherà mai di alzare la voce in loro nome e a loro difesa”. Come? Con gli aiuti concreti che tutti i vescovi del Mezzogiorno hanno deciso di dare nel corso del confronto che si è tenuto proprio a Napoli lo scorso inverno mettendo a disposizione “quello che abbiamo ossia il nostro patrimonio culturale ed anche i nostri terreni per affidarli ai giovani riuniti in cooperative, ai quali però le istituzioni preposte debbono assicurare guida e sostegno”.
L’obiettivo, ha concluso Sepe, deve essere quello di non permettere “che la vita della nostra gioventù venga profanata, rubata, infine tolta”. E per questo ha lanciato un appello alla mobilitazione a famiglie, scuole e soggetti educativi perché “tutti devono sentirsi impegnati e responsabili di fronte questa intollerabile piaga che deturpa, più di ogni altra, il volto e l’anima delle persone e della città”.