Alla vigilia della festa della liberazione, l’Italia riabbraccia Gabriele Del Grande. Il giornalista italiano è stato liberato e ha fatto ritorno in patria, dopo il fermo della polizia turca, avvenuto lo scorso 9 aprile.
Giunto stamane, 22 aprile, all’aeroporto di Bologna, appena sceso dall’aereo è stato accolto dal ministro degli esteri Angelino Alfano, che lo ha accompagnato in una saletta riservata dell’aeroporto. Lì Del Grande ha riabbracciato la compagna e gli altri familiari e ha sentito al telefono il premier Paolo Gentiloni. Il giornalista è apparso visibilmente dimagrito, ma sorridente ed è stato accolto da un applauso e da centinaia di flash dei fotografi.
“Sono stato vittima di una violenza istituzionale. Quello che mi è successo è illegale, un giornalista privato della libertà mentre sta svolgendo un lavoro in un Paese amico. – ha detto – Un pensiero caro a tutti i detenuti e ai giornalisti che in Turchia e in altri Paesi sono in condizioni peggiori della mia. Ora vado a mangiare, dopo sette giorni di sciopero della fame ne ho bisogno – ha aggiunto sorridendo – Ancora non ho capito perché sono stato fermato. Ci tengo a dirlo che non mi è stato torto un capello e nessuno mi ha mai mancato di rispetto. Sono stato fermato da agenti in borghese. Ho saputo che sarei stato liberato stanotte”. L’annuncio che la vicenda del regista-blogger era ad una svolta, era stata data stamattina dal ministro degli Esteri Angelino Alfano su Twitter. Alfano ha riferito di avere ricevuto durante la notte la notizia della decisione da parte del collega turco Mevlut Cavusoglu.
Gabriele Del Grande da anni è impegnato sul tema delle migrazioni. Fondatore del blog Fortress Europe, che dal 2006 raccoglie e cataloga tutti gli eventi riguardanti le morti e i naufragi dei migranti africani nel Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere l’Italia. E’ la principale attività di monitoraggio del fenomeno su scala europea. Del Grande è anche fra i tre registi di “Io sto con la sposa”, docufilm del 2014 finanziato dal basso, sulla vera vicenda di un gruppo di profughi siriani accompagnati in Svezia con lo stratagemma di un corteo nuziale. Il blogger era partito per la Turchia pochi giorni prima di essere fermato, per raccogliere materiale per il suo nuovo libro: si tratta di ‘Un partigiano mi disse’, che sta realizzando grazie al crowdfunding. L’idea, come spiega lui stesso sul sito della raccolta fondi, è quella di “guerra in Siria e nascita dell’Isis raccontate attraverso l’epica della gente comune in un intreccio di geopolitica e storytelling”. Su Facebook, l’8 aprile il documentarista aveva fatto sapere di essere “di nuovo in viaggio, Istanbul, sulle tracce di una nuova storia per il libro”, mentre il 5 aprile aveva scritto: “Il giornalismo dovrebbe denunciare i crimini di guerra. Di tutti. Per farlo però c’è bisogno che ai corrispondenti di guerra siano garantiti l’ingresso sicuro e l’indipendenza del loro lavoro”.
Gabriele Del Grande era stato fermato il 9 aprile nella provincia sudorientale dell’Hatay, al confine con la Siria, dove si era recato per raccogliere materiale per un libro sui profughi siriani. Nella zona non è consentito l’accesso: i giornalisti devono essere muniti di accredito stampa rilasciato dalle autorità di Ankara. Lo stato di emergenza in vigore nel Paese inasprisce il controllo, specie al confine siriano, dove il regista è stato trovato sprovvisto di tali documenti. Le autorità turche non avevano reso noti i motivi del provvedimento. Fonti diplomatiche avevano definito incerti i tempi del rimpatrio. Il 18 aprile la prima telefonata alla famiglia: “Non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio telefono e le mie cose”, aveva detto, come era stato riferito sulla pagina Facebook del suo film ‘Io sto con la sposa’. “La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito ripetuti interrogatori a riguardo”, aveva proseguito, aggiungendo che avrebbe cominciato uno sciopero della fame. Il 19 aprile il blogger aveva iniziato uno sciopero della sete e della fame per protestare contro la violazione dei suoi diritti civili. Negli ultimi giorni il governo italiano aveva intensificato i contatti con le autorità turche per chiederne la liberazione: Dal ministro degli Esteri Angelino Alfano era arrivata una “ferma richiesta di immediato rilascio”. I genitori avevano chiesto aiuto: Gabriele è solo, viene continuamente interrogato in quanto il motivo del mancato rilascio sembra dovuto al suo lavoro di scrittore, avevano detto. La fidanzata aveva aggiunto: fermato solo perché filmava i profughi. Si erano moltiplicate le richieste di liberazioni e le iniziative di mobilitazione. Anche l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini aveva chiesto il rilascio. Il 20 aprile dagli Usa il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni aveva chiesto una soluzione rapida della vicenda e da Roma il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva annunciato che Ankara aveva concesso al giornalista di incontrare all’indomani il console italiano e il legale. Il 21 aprile, a 12 giorni dall’arresto, nove dei quali trascorsi in isolamento, il console italiano a Smirne, Luigi Iannuzzi e l’avvocato turco Taner Kilic avevano potuto visitarlo nel centro di Moglu dove era stato trasferito dopo la permanenza nella guesthouse delle autorità ad Hatay. Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani aveva esortato le autorità alla “fermezza senza interrompere il dialogo” con la Turchia. Tra le iniziative per chiedere la liberazione del blogger, sit-in al Quirinale, a Berlino e a Bruxelles.
Presidi, fiaccolate e richieste di liberazione da diversi comuni italiani, appelli da numerose istituzioni regionali, provinciali e comunali. Petizioni, mobilitazioni, virtuali e non.
Il 23 aprile Del Grande ha interrotto lo sciopero della fame ed è riuscito a chiamare la moglie in Italia.