17 persone sono state arrestate dai Nuclei della polizia tributaria e valutaria della Guardia di finanza di Napoli, sei in carcere e 11 agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Procura campana, poiché producevano banconote false con grande maestria, e le distribuivano ai compratori di mezza Europa con spedizioni postali. Al bilancio dell’operazione ribattezzata “Banda degli onesti”, dal titolo del film con Totò e Peppino De Filippo, vanno aggiunte altre due persone con obbligo di dimora. E un totale di 11 milioni di euro falsi sequestrati.
L’operazione è partita il 2 luglio 2015, quando venne scoperta una stamperia clandestina specializzata nella riproduzione di 20 euro. Cinque mesi dopo, il 6 dicembre, fu scoperta un’altra centrale per lo spaccio di banconote da 10 euro “nuova serie”. Pezzi in tutto e per tutto simili a quelli autentici, ma che in realtà erano solo carta straccia. Ultima decisiva tappa dell’inchiesta il 19 luglio 2016, con la retata che ha messo fine alla gang delle nuove 20 euro con il sequestro di sei milioni.
Il denaro “taroccato” sarebbe partito da comuni della provincia partenopea come Casoria, Frattaminore e Casavatore per poi dirigersi verso i Paesi del Centro Europa. I compratori – secondo gli inquirenti – prima sarebbero arrivati a Napoli,per testare la qualità della merce, prendendo in prova un pacco da qualche migliaio di euro. Poi, se convinti dell’acquisto, si sarebbero fatti spedire le banconote col servizio postale. Con questo sistema, che avrebbe dato il via a un giro di smercio milionario da Napoli oltreconfine, i falsari sarebbero riusciti a restare anonimi.
I giorni di pioggia poi sarebbero stati quelli ideali per mettere in circolo il denaro: a ogni fermata della metropolitana, i membri legati all’organizzazione avrebbero comprato ombrelli a 5 euro, dando una banconota falsa da 50 e ricevendo il resto di 45. In questo modo, secondo gli inquirenti, si potevano accumulare anche 10mila euro in una sola giornata piovosa.
Gli indagati hanno immesso sul mercato milioni di euro falsi con una rete che arrivava in Austria, Germania e altri Paesi dell’Unione. A capo della banda c’era un 40enne di Carinaro, in provincia di Caserta, un ex tipografo. Un pool di quattro magistrati coordinati dall’aggiunto Renzulli ha ricostruito la rete dei contatti che dall’area giuglianese e aversana smerciava le banconote false fino alla Colombia. All’inchiesta ha collaborato anche l’Europol. L’inchiesta della guardia di finanza di Napoli è stata coordinata dalla procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco che in conferenza stampa ha definito “sofisticatissimi” i metodi usati per falsificare le banconote al punto che alcuni degli indagati erano considerati degli specialisti tali da venire reclutati per dare lezioni ad altri falsari in diversi Paesi europei. L’inchiesta è stata condotta dal comando provinciale della guardia di finanza di Napoli, diretto dal generale Gianluigi D’Alfonso, e ha visto impegnati il Nucleo di polizia tributaria del colonnello Giovanni Salerno e il Nucleo speciale della polizia valutaria coordinato dal generale Giovanni Padula. Come detto, l’area che va dal Giuglianese all’Aversano è storicamente “patria” di falsari di alto livello. Proprio per questa ragione, in conferenza stampa è stato ricordato che indagini precedenti sullo stesso tipo di business è emerso che anche alcune cellule terroristiche con base a Milano usavano banconote false per acquistare armi. Diversi poi i metodi per piazzare il denaro fasullo. Tra questi, sempre a Milano, è emerso un singolare escamotage usato dai falsari. Quando piove a ogni fermata della metro uno di loro compra un ombrello da un ambulante pachistano. L’ombrello costa cinque euro, ma viene pagato con 50 euro falsi: così facendo, si incassano 45 euro veri. Per ogni giorno di pioggia si riescono a riciclare in questo modo 10mila euro.
Gli indagati hanno immesso sul mercato milioni di euro falsi con una rete che arrivava in Austria, Germania e altri Paesi dell’Unione. A capo della banda c’era un 40enne di Carinaro, in provincia di Caserta, un ex tipografo.